lunedì 3 dicembre 2007

Dicembre senza montagna ....

Si, questo mese mi sarà proprio impossibile andare in montagna … pero’ la montagna è entrata a far parte integrante della mia vita.


Diciamo che ho in parte realizzato un sogno: ora vivo di montagna, parlo tutto il giorno di montagna e spero, con gennaio, di tornarci anche dal vero in montagna.

Si, ora lavoro in un negozio, tratto cose di montagna tra escursionismo e alpinismo … una pacchia per una come me curiosa di tutte le cose tecniche legate alla montagna.

Certo il mese di dicembre non sarà facile, ma le motivazioni personali mi faranno superare questo periodo.

Quindi buona montagna a voi che continuate ad andarci, io spero di ricominciare con il 26 dicembre.

lunedì 19 novembre 2007

Sambrosera - 18 Novembre 2007

Settimana piuttosto intensa, questa e domenica di guidare proprio non ho voglia.
Vado a vedere il Canalone Belasa (Moregallo) di cui Luca mi ha parlato.
Mi alzo presto e decido, contrariamente alle mie abitudini, di andare in stazione con la metropolitana.
Sono in perfetto orario, non dovro' aspettare nemmeno molto al binario.
Sulla banchina, in attesa della metropolitana, tolgo lo zaino per sistemare qualcosa appoggiando i guanti sulla panchina.
Salgo sul treno …. e si, avete di certo indovinato! I guanti sono rimasti sulla panchina :(
Per fortuna è solo la fermata successiva, per cui scendo, rifaccio il giro, recupero i guanti e riprendo la metro'. Questo giochetto pero' mi fa perdere il treno.
A parte la noia (ed il freddo) di aspettare un'ora in stazione, c'è anche l'ora di ritardo sulla luce. A questo punto salta il canale e come meta considero solo Sambrosera.
Sul treno incontro Stefano, amico di vecchia data, che sale al Cornizzolo. Decidiamo di fare insieme il primo tratto e intanto mi faccio raccontare del sentiero che porta a Sambrosera. Una parte l'ho gia' percorsa e l'avevo trovata molto fangosa. Siccome poi scendeva, ho tagliato per il sentiero (vedi cartelli foto) che ho scoperto essere la continuazione della ferrata, e mi sono fatta una parte di sentiero attrezzato.
Stefano mi conforta dicendomi che ci impieghero' poco piu' di mezz'ora ancora dalla colma e in effetti i tempi sono questi ma quando arrivo a Sambrosera è ormai mezzogiorno.
Siccome mi sono ben guardata dal chiedere a Luca ulteriori dettagli (mannaggia a me che non mi è proprio venuto in mente!) vado a vedere dove parte il sentiero e poi rientro.
Poco su ho visto il bivio per Pianezzo. Non ricordo esattamente quale sia la localita' Pianezzo, ma so che passo di li per tornare a Canzo.
Non me l'aspettavo cosi lunga. Alla fine approdo a Pianezzo (Rifugio SEV tanto per intenderci) che è gia l'una e un quarto. Ho ancora un briciolo di sole e mi fermo a sgranocchiare il mio panino.
Riprendo la via di discesa. Lo sento che sono un po' stanca e inizio a fare i conti del dislivello. Intorno ai 1.100, non giustifica la stanchezza ma almeno in salita non ho fatto fatica. Non che la faccia ora, solo sento che i muscoli delle gambe hanno lavorato.
Poco dopo Prim'Alpe incontro 2 signori con uno splendido terranova nero, tipo Mose' (quello della locanda di Gajum) Il "piccolo" non vuole saperne di scendere, loro lo hanno messo al guinzaglio pensando che fosse abbandonato (collare ma niente medaglietta) e lo vogliono portare ai carabinieri. E' dolcissimo e molto testardo nella sua decisione. Come se sapesse che la sua casa è da un'altra parte .... Mi chiedono se ho del cibo e l'avanzo del panino con il tacchino sparisce. Niente. La coppia continua a dire che è stanco, io inizio a pensare che forse il cane non ha torto. Arrivano altri ragazzi a cui la coppia chiede se hanno del cioccolato. Parlando mi dicono che al limite lo lasciano legato vicino alla cascina dove si compra il formaggio ..... A questo punto abbandono la partita e scendo. Passo dalla locanda a sentire se il cane è loro. Ovviamente non è Mose', ma sanno chi è il proprietario: uno al di la della montagna a cui il cane scappa sempre. Lo chiamera', come fa di solito, ed il padrone verrà a prenderselo.
Ecco, a volte, prima di pensare di far del bene alle bestie, occorrerebbe valutare la situazione.
Per quel che mi riguarda, ho sentito Luca che si è fatto una bella risata di fronte alle mie paure e mi ha confortato sulla fattibilità del canale. Se non perdo un'altra volta il treno, credo proprio che presto si fara'.

domenica 11 novembre 2007

Parco del Ticino – La fagiana / 11 Novembre 2007

E la nostra eroina riusci’ a trovare La Fagiana!
Devo smetterla con questa paura di perdermi, visto che io ci sono arrivata, avevo 3 macchine che mi seguivano e altri che hanno telefonato che erano in ritardo ... perché si sono persi!

Niente montagna questo we. Ieri non avevo voglia di affrontare il vento ed il meteo non sembrava neppure bellissimo dove volevo andare io, mentre oggi avevo questa uscita.

Ne ho sempre sentito parlare molto di questo parco, ne ho anche percorso dei tratti in MTB e a cavallo ma non ero mai stata qui.

Il parco è riuscito a comprare il terreno e gli edifici e ha trasformato quest’area in riserva “integrale” (virgolettato perché non ricordo esattamente il nome). Ci sono un paio di musei, tante guardie volontarie (circa 250) e un centinaio di dipendenti ... per tutto il parco, mica solo per qui!
Hanno tre voliere dove stanno i rapaci che non possono essere reintrodotti e una zona dedicata invece ai volatili che sperano di curare (cacciatori ... No commnet!) e di poter quindi liberare.
Il museo ha animali impagliati ed esposti nel loro abitat. Sono animali trovati morti nel parco che hanno pensato di utilizzare cosi.
Non ho visto il museo del bracconaggio ma anche quello sembra essere interessante.
In questa riserva non possono entrare i cani in quanto hanno reintrodotto il capriolo che con il cane non va molto d’accordo.
I sentieri sono piu’ delle piste, segnalati anche se mancano cartine particolareggiate con il “Voi siete qui”. Ne ho seguiti un po’ di questi percorsi ... senza perdermi :))))) e nella piu’ beata solitudine … beh, quasi! Essendo domenica un po’ di gente in giro c’era!

Poche foto, oltretutto scattate con la vecchia macchinetta che, devo dire, si difende assai bene!
Se vi capitano 2 o 3 orette di tempo, fateci un saltino, ne vale la pena.

La Fagiana in Internet

lunedì 5 novembre 2007

Groppera – Cresta della Fortezza / 3-4 Novembre 2007

Quasi Groppera …. ma andiamo in ordine.

Voglio andare a dormire in un locale invernale o in bivacco in questo ponte di novembre.
2 gg li e uno da spendere con Andrea nella bergamasca. Andrea pero’, come a volte fa, mi prende in contropiede e si autoinvita alla mia 2 gg se cadono in sabato e domenica.
Si sa, io mi adatto, cambio per cui il mio programma e vado in giornata il primo e i 2 gg li sposto al we.
Dove andare.
Ad Andrea non posso proporre le mie mete che sono soltanto con lo scopo di provare a vedere
com’è la sera/notte autunnale in bivacco per cui si cerca qualche cima.
Tra le mie preferenze c’era il Rifugio Chiavenna. Ovviamente viene fuori il Pizzo Stella.
Rimango un po’ perplessa: ha nevicato e se la neve è poca io vado piu’ in crisi.
Andrea pero’ si informa: solo una spolverata ….
Va bene, portiamo piccozza e ramponi e poi vediamo. Gli dico chiaramente che l’obiettivo è l’esperienza nel locale invernale per cui, se non saliamo lo Stella, va bene lo stesso. Mi dice che va bene.
E poi, mal che vada, saliamo sul Groppera.

Apro una parentesi: la salita dalla cresta l’avevo messa in cantiere un paio di anni fa, anzi, Bruno me l’aveva proposta. Ora, Bruno è simile a me come scala di difficoltà, quindi mai mi sarei immaginata quello che è poi successo.
Chiusa la parentesi.

Arriviamo a Motta con molta calma. Lo zaino pesa. Saliamo al rifugio con altrettanta calma, fermandoci a parlare con una coppia della Valle d’Aosta.
Appena vedo lo Stella mi prende un groppo in gola: è bianco! Inizio a temere che la salita non avverrà, almeno non in questa occasione.
C’è parecchia gente che sta rientrando e non mi aspettavo tutta sta ressa, tenuto conto che il rifugio è chiuso (Andrea si era pure informato su questo!)
Ormai quasi arrivati chiedo ad un gruppo di ragazzi se c’è ancora tanta gente. No, mi rispondono, solo una decina del CAI che stanno lavorando al rifugio ... Ops ...
Mi giro con aria interrogativa verso Andrea che mi conferma quello che gli ha detto il gestore.
Una ragazza del gruppo interpreta male i nostri sguardi e ci avvisa, con aria alquanto preoccupata, che il rifugio è chiuso.
“Si si, lo sappiamo, grazie” rispondiamo entrambi, tenendoci per noi il commento “e’ per questo che ci andiamo”.
Arriviamo. Non c’è traccia dei 10 CAIni, per fortuna.
Io faccio la mia bella figuraccia cercando l’entrata dell’invernale, provo le scale ma niente, non trovo l’ingresso. Era nella parte piu’ ovvia e lo scopre per primo Andrea: il vano dove si mettono gli scarponi a rifugio aperto è adibito a locale invernale con 2 letti a castello di 3 posti.
La domanda è: ma quando il rifugi apre solo i we, il locale invernale non lo preparano per la settimana? Quando ero stata li l’ultima volta ho visto i ragazzi chiudere il rifugio ma di certo non hanno portato giu’ i letti!

Piccola nota dolente.
Torno dal torrente a cui mi ero recata per prendere l’acqua e vedo un ragazzo che butta via la buccia della mela porprio li, nel prato antistante il rifugio.
Sorrido mentre dico, con tono che per me doveva essere tra il serio ed il faceto: Ah ... no, ma cosi non si fa!”.
Il ragazzo si gira e con aria stupitissima mi dice: Ma e’ biodegradabile! E io ho sempre fatto cosi!
Beh, lo sai quanto tempo ci vuole a degradare?
Non risponde a me direttamente ma al suo amico che la buccia fa bene alla terra ….. gia’, un alpeggio a 2000 e passa metri con tante bestie d’estate ha bisogno dei nostri rifiuti organici per concimarsi. Oltretutto rifiuti non sotterrati. Questa è la piu’ originale delle scuse che ho fin’ora sentito.
Si è offeso, ma non è colpa mia se, biodegradabile o no, la persona che viene dopo di lui si ritrova a mangiare con le sue bucce sotto il naso.
Il fatto che poi, tempo un paio di settimane li è tutto coperto dalla neve non giustifica ancora il gesto.
Ma come si puo’ fare a far capire che il biodegradabile non è sinonimo di pulizia?
Chiusa piccola nota dolente.

La serata passa tranquilla, si leva il vento e ci rintaniamo nel rifugio. Mentre cucino Andrea mi legge l’avventura della prima salita al Monte Disgrazia e ci facciamo 4 risate per l’humor inglese.

Non è male l’esperienza del locale invernale. La cosa che piu’ non mi aspettavo è il buio. Tanto siamo abituati che dipendere solo dalla frontale per la luce è abbastanza stano.
Esco a vedere le stelle prima di coricarmi. Non c’è la luna e la stellata è davvero favolosa.
Poi nanna.

Suona la prima sveglia alle 6. Andrea esce e torna raccontandomi dettagliatamente tutto quello che ha visto. Riassumendo: vento e nuvole che corrono coprendo lo Stella.
Per farla breve, decidiamo per il Groppera e per la cresta.
Arriviamo al punto dove secondo me si puo’ salire ed attacchiamo, zaini pesanti al seguito, il ripido pendio che ci porta in cresta senza troppi problemi.

E da li vediamo la cresta.

Massoni di gneis, e poi ancora massoni, e poi la spolverata bianca sui massoni ….. accipicchia!
Vabbeh, iniziamo la salita. Il primo tratto non è particolarmente faticoso, ma forse è solo perché siamo ancora freschi. Alla fine sono 600 e passa metri che, scopriremo sulla nostra pelle, sono tutti cosi. Il percorso non è segnato ma ti devi trovare il passaggio da solo mantenendoti sul filo di cresta.
Circa a meta’ c’e’ un ometto gigante. Mi rincuoro pensando che da li in poi l’itinerario sarà segnato o almeno piu' agevole.
No.
Continuo a cercare la via migliore di salita, Andrea ogni tanto mi da il cambio, ma il tempo passa e perdiamo un sacco di tempo ... con lo zaino pesante sulle spalle.

Un po’ di tempo prima dell’ometto ho concordato con Andrea un punto della situazione a mezzogiorno. E’ invece quasi l’una quando mi siedo togliendomi lo zaino non dopo aver sbottato qualcosa nei riguardi di Andrea che, per fortuna, si tappa le orecchie quando mi sfogo.
Sono stanca. La cima è ancora lontana, il percorso non è piu’ agevole, anzi!
La funivia che vedevano passare (a cui Andrea voleva affidarsi per il rientro) era probabilmente in moto solo per prova o per ragioni di servizio e ora non funziona piu’.
La cima è ora coperta da questa nuvolaglia che va e viene da tutta mattina.
Il vento a raffiche è forte e freddo.
Si prende l’amara decisione ci si ferma qui, a quota 2.800. Mancano circa 150 m alla cima.

Mangiucchiamo qualcosa e poi si scende.
La crisi che ho avuto, oltretutto solo nell’ultima parte della discesa (la prima pietraia che abbiamo salito) e’ spiegabile solo dalla tensione, dalla stanchezza, dalle condizioni meteo che facevano si che le folate di vento mi investivano piu’ violente quando ero sul filo di cresta (un paio di volte mi ha davvero fatto perdere l’equilibrio, grazie anche allo zaino pesante.)
Comunque, tutto bene in discesa fino a che non abbiamo incontrato l'ultimo tratto di pietraia (il primo in salita, quello con i massi belli stabili ed il percorso non troppo faticoso .... ). Li non sono piu’ riuscita a trovare i passaggi del mattino. Tutto mi portava su massi instabili o sulle tracce di neve e ghiaccio.
Mi sono sfogata un po’, Andrea ha sopportato stoicamente il mio malumore, nonostante fosse ormai abbastanza stremato pure lui.
Fine della pietraia.
Ma non della discesa. E’ ancora lunga arrivare alla macchina. Abbiamo ravanato ancora e alla fine siamo scesi per una pista di discesa.
Dall’alto vediamo il parcheggio. Andrea mi fa notare che ci sono solo 2 macchine: la nostra ed una bianca.
E’ duro arrivare giu’. Siamo stanchi e provati. Un’esperienza che ci fara’ riflettere. Quando c’è una spruzzata di neve forse è il caso che 600 mt di dislivello su massoni e roccette li lasciamo li per l’estate successiva. Si perché quella cresta io la devo vincere, anche se in versione estiva ma tornero’ a farla.

martedì 23 ottobre 2007

Rifugio Grassi - 1.987 m / 21 Ottobre 2007

Visto che sono stata sgridata .... ecco la relazione di domenica :)

E' l'ultimo we prima del cambio ora, vorrei fare qualcosa di lunghetto ma le previsioni danno vento forte in alta montagna, di andare ancora in Vallèe non ho voglia (di guidare ... mica per la valle!) e allora rispolvero fuori il Rifugio Grassi.
Lo so che non è una cima, ma da Barzio è abbastanza lunghetta.
La relazione di Diska (http://www.diska.it/rifgrassi.asp) e' dettagliatissima, come sempre, e mi intriga abbastanza il percorso.
Parto alla solita ora, nonostante appena alzata mi prende una gran voglia di tornare sotto le coperte; sono stanca in questo periodo, lo so che non mi dovrei lamentare ma sono stanca ....

Arrivo a Barzio prestissimo. Il dubbio se parcheggiare dentro o fuori dal parcheggio della funivia (a proposito, impianti chiusi sino alla stagione invernale) e pochi minuti prima delle 8 ho gli scarponi ai piedi. Prima di me sono saliti un signore solo soletto e altri 2: non credevo che qualcuno fosse pazzo come me a partire a quest'ora!
Di fronte a me l'alba colora di rosa le cime lassu'! Che magia! Anche qui, a 2 passi dalla civiltà, si puo' rimanere a bocca aperta per lo spettacolo che la natura è in grado di offrirci.

A parte il primo pezzetto, il sentiero è nuovo per me, e lo sarà fino ai Piani di Bobbio; si, perchè l'idea è di andare al rifugio e poi attraversare fino ai Piani di Bobbio, appunto, e scendere dalla strada.
L'autunno colora tutta la natura che mi circonda, il cielo non è limpido e questo fa si che le foto vengano velate, colori tenui che pero' non nascondono la miriade di sfumature di cui gli alberi si colorano.
I primi ghiacci. La pozzanghera è ghiacciata, cosi come trovero' altre chiazze di ghiaccio, addirittura fino al primo pomeriggio.
Fa freddo, sono dentro al bosco, in un saliscendi continuo. E' bellissimo questo sentiero. Un traverso che passa da una forra ad un'altra, alcuni punti protetti con catene ma tutto molto ben segnalato e tranquillo.
Arrivo al rifugio Buzzoni (manco sapevo che esisteva!) in ritardo rispetto alla tabella di marcia.
Uff ....
Il cagnolino abbaia .... abbaia .... abbaia .... ma dove diavolo la prende tutta questa voce? Ovviamente non mi fa nulla, anzi, smette di abbaiare non appena mi avvicino: forse vuole solo un po' di attenzione :)
Foto di rito, il panorama da qui è molto bello, e poi via di nuovo.

Arrivo al Passo del Gandazzo, che mi collega con il sentiero dei piani di Bobbio. Ci vorranno ancora quasi 2 ore per il rifugio e, un po' demoralizzata per la pessima performance, valuto se non sia il caso di rientrare.
Faccio i miei conti. Alla fine sono poco piu' di 2 ore che cammino. E la strada che scende dai PdB è appunto una strada, se faccio tardi .... ma non ho scelto apposta questa escursione visto che ho un'ora di luce in +?
Detto fatto, inizio la ripida salita per il Passo del Toro e poi il lungo quanto panoramico traverso.
Sto bene.
2 signori, probabilmente saliti dalla parte bergamasca e quindi avvicinatisi con la macchina, mi superano.
Uff .... sono lenta .... e che ci posso fare?
E poi .... ecco laggiu' il rifugo!
Arrivo in 4 ore e mezza, esattamente quello scritto nella relazione :)
Forse non sono poi cosi lenta, se considero la gita nel suo complesso :)
E sono anche soddisfatta di non essermi fermata molto a riposare e di essere arrivata cmq senza troppo affanno :)
Il dislivello è di 1.145 m + tutti i saliscendi .... mah .... arriverà l'altimetro!

Fa freddo ora.
Mangio, foto di rito al Pizzo dei 3 Signori che da qui è ancora piu' bello e poi decido per il rientro.
Dimenticavo di dire che la giornata si è fatta bellissima, fredda ma con pochissimo vento (per fortuna!).
La luce migliora di minuto in minuto e lo riscontrero' poi sulle foto. Il traverso per i Piani di Bobbio è bellissimo! Non sapevo davvero di quest'angolo di paradiso!
E il paradiso, come pero' ben sapevo, finisce ai Piani di Bobbio.
Li gli impianti, la strada, le macchine sono un pugno nello stomaco, ma lo sapevo e non me la prendo piu' di tanto.
Altra piccola sosta e poi verso casa.

Odio questa strada.
A volte è davvero ripida. Ma siamo sicuri che me la sono fatta con gli scietti stretti???
Hanno messo delle reti rosse (???) a fianco della pista di discesa, un vero pugno in un occhio e mi ha fatto anche sbagliare strada in un punto.
6 jeep mi superano nella discesa alzando il solito polverone :(
Il lettore MP3 acceso, i piedi che fanno davvero tanto male, cerco di non pensarci e di ascoltare la musica.
Per fortuna il tempo passa veloce e intorno alle 17 approdo alla macchina.
E' ormai il crepuscolo, la luce è sempre meravigliosa, i piedi fanno male, tanto, ma la giornata è stata nel complesso piacevolissima.
Un grazie ancora a Diska che prepara relazioni super!

...

E spero di non aver fatto troppi errori di battitura ..... :)

lunedì 1 ottobre 2007

Indovina un po’ …. 30 Settembre 2007

La mia coscienza ecologica mi rimorde per quello che ho fatto oggi ….. ma andiamo per ordine.
Il programma era quello di andare a dormire in bivacco o locale invernale, a seconda se il rifugio era o meno aperto ma la pioggia della settimana (neve sotto i 2.000 m) mi hanno preso in contropiede.
Marco venerdi sera mi propone una ferrata. Difficile, ed io non mi sento molto all’altezza, e poi sono via da 2 sabati ed il programma per questo è abbastanza intenso. Con dispiacere declino l’invito, l’avrei visto volentieri dato che è passato un sacco di tempo dall’ultima volta; speriamo ci sia un’altra occasione a breve.
Il meteo è strano, meglio sabato, no, meglio domenica. L’unica cosa certa è che domenica non dovrebbe piovere. A questo punto dove vado? In alto no, sono da sola e non ho voglia di trovarmi di fronte la neve. Lontano neppure, troppi km in questo periodo. Decido per la “solita” meta, in treno, visto che guido già tutta la settimana.
Un po’ mi spiace, perche’ speravo di tornarci un po’ piu’ in la, ma va bene anche cosi.
Preparo il tutto, monto la sveglia e vado a nanna.
Mi sveglio presto, e sento il rumore delle macchine sull’asfalto bagnato: accidenti!
Mi alzo, guardo fuori ed è effettivamente bagnato.Torno a letto per un’altra ora. Intanto ci penso e non ho mica voglia di andare a prendere acqua.
Verso le 8 mi viene in mente che il meteo diceva brutto in pianura e in netto miglioramento sulle prealpi. Uffi …. Ora è tardi!
Mi alzo, colazione e poi la decisione: vado in macchina. Si, in macchina.
Lo so …. Lo so …. E’ tanto comodo il treno e in macchina, da sola, mi costerà anche di piu’, ma non ho voglia di arrivare la e vedere che piove. In macchina mi giostro meglio, vedo la strada, mi convinco che anche altri monti potrebbero essere raggiunti velocemente, tanto per non salire sempre sul solito. E si, mi devo preparare all’inverno. Di cime innevate ne vedro’ ben poche, almeno cerco di girarmi un po’ di monti che conosco poco.
Arrivo bene, nonostante sia tardi non c’è molto traffico. Trovo parcheggio dietro al paese e alle 11 ho gli scarponi ai piedi.
Ha smesso di piovere da poco e non c’è molta gente intorno.
Salgo dal sentiero 3, cosi, tanto per non incontrare nessuno (e nessuno incontrero’ in salita fino alla cresta, poi solo un signore!).Castagne. E’ presto, siamo ancora a settembre, ma il sentiero ne è pieno. I castagni sono all’inizio
del bosco, ma decido di prenderle ora perché non so da dove scendero’. Ne prendo poche, un po’ per me, un po’ per i miei e senza strafare, tanto ci tornero’ entro ottobre a prendere castagne, no?
E’ una violenza smettere di guardare a terra e non raccoglierne piu’, ma finalmente i castagni finiscono e cosi anche la tentazione.
Foto. Oggi mi dedico alle foto e non importa quanto tempo ci mettero’ a salire. Penso di essere su per le 13:30, ottimo orario per il pranzo.
Ci sono ancora molte cose da fotografare: i funghi, i lumaconi, gli ultimi fiori …. Diciamo che i soggetti non mancano.
Quando sono su in cresta (sudando come al solito …. UFFA !!!! ) sento uno dietro di me. Non è velocissimo, deve avermi raggiunto a causa delle foto che mi sono fermata a fare.
Lo lascio passare fotografando un garofanino con un colore splendido, tra il rosso ed il viola, che la mia macchina fotografica non riprodurra’: ormai la conosco e so che alcuni colori non vengono … chissà poi perche’ ….
In cima, dove sono arrivata alle 13:30 …. ovviamente :-) ci sono 4 o 5 persone.
Non fa caldo e non fa freddo, mi copro perché sono sudata ed inizio il mio lauto pasto.
Se ne vanno quasi tutti ed io medito se fare il giro ad anello, senza passare per il pantano pero’, oppure tornare da dove sono venuta, giro piu’ corto ma sicuramente piu’ solitario.
Intanto sale ancora qualcuno, pochi, vista la giornata.
Il Grignone è ben innevato, la Grignetta un po’ di meno e qualche chiazza anche sul Resegone.
Appena arrivata in cima mi ha salutato un raggio di sole, ma permangono le nubi.
Mi fermo su piu’ di un’ora e scelgo, per scendere, la solitudine (infatti incontrero’ solo un signore che sale).
Sono tranquilla. Qualche minima notizia positiva sulla salute, le colleghe con cui mi trovo bene ma soprattutto la solitudine riacquistata a cosi caro prezzo mi rendono piu’ serena. E’ uno stato momentaneo, lo so, ma mi godo questi momenti che sono davvero troppo rari.
Alla macchina mi cadono tutte le castagne per terra … raccolte per la seconda volta! E meno male che non ho esagerato nella raccolta!
Torno a casa comoda comoda nella mia macchinina, la coscienza che rimorde ma proprio non me la sentivo di fare altro.
Domenica tranquilla, riposante e ora …… CALDARROSTE!!!

domenica 23 settembre 2007

Rifugio Allievi – Bonacossa in Valle di Zocca – 2.395 m - 22 Settembre 2007

E si …. la quota inizia a scendere, purtroppo ….
Ho letto da qualche parte di recente qualcuno che ci saliva, è mi è tornata la voglia di rivedere quei posti.
Dall’Allievi sono solo scesa in una giornata di pioggia, abbiamo dovuto troncare li il sentiero Roma. Ricordo solo vagamente il percorso e la passeggiata in piano fino a San Martino.
L’anno scorso sono tornata la in inverno, ciaspole e/o ramponi, inizio di un periodo che, seppur per poco tempo, mi ha regalato momenti felici, per cui questa volta non devo esorcizzare nulla.
Parto alla solita ora ma la strada e’ un po’ piu’ lunga di quel che pensavo. Inoltre, hanno messo a pagamento il parcheggio appena arrivati in paese. A dire il vero, il parcheggio laggiù in fondo mi è pure tornato piu’ comodo
Stranamente ricordo e riconosco il percorso. Ogni tanto mi stupisco: vuoi dire che la Ginkgo Biloba funziona?
Inizio a percorrere il sentiero a fianco del torrente. Veloce, per quanto posso essere veloce io, che se ho sbagliato strada devo tornare e non e’ presto. Ovviamente non c’era nessuno al parcheggio a cui chiedere e nessuna indicazione. Meno male che c’ero gia’ stata!
La strada e’ giusta. Finito l’asfalto (poco, per fortuna) trovo un mega parcheggio per le macchine :( e io mi saro’ già sciroppata una bella mezz’ora. E qui il primo dubbio: 4 ore da San Martino o da qui? Non lo sapro’ mai, perché il cartello sul quale mi sono affidata io per calcolare i tempi e’ più avanti, diceva 3 ore mentre io sono salita in 3 ore e mezza …. ma andiamo con ordine.
Oggi mi sento piu’ orso che mai e le poche persone che sono li al aprcheggio e stanno facendo colazione mi infastidiscono. O meglio, spero che nessuno mi rivolga la parola, sono troppo triste per mettermi a chiacchierare, sorridere e far finta che tutto vada bene.
Proseguo. Cartina alla mano perché non ho proprio voglia di sbagliare.
Man mano riconosco i posti, la mancanza della neve non modifica piu’ di tanto ed ho perfettamente in mente il grosso masso del bivio.
Fin qui la valle è davvero incantevole, una cornice montana unica, un torrente dalla acque cosi limpide, complice un fondale adatto, offre degli scorci di un azzurro-verde magnifico.
Poche foto salendo, come al solito, mi rifaro’ in discesa.
Arriva il mio masso e inizio a salire. E’ ripido ma, complice un bel freschino, mi sembra di mantenere un buon passo.
Arrivati al ponte, la meta della nostra gita invernale, voglio fare la prima sosta. Sorpasso 4 spagnoli, non volevo farlo, tra poco mi fermo, ma si sono fermati e non potevo fare altrimenti.
Il ponte. Cavolo! Ma quanta strada facemmo quel giorno!
Non faccio in tempo a cercare di fare 2 foto che 2 dei 4 spagnoli mi raggiungono. Hanno lasciato indietro gli altri e hanno allungato il passo. Si fermano con me sul ponte …. Ecchecavolo! Uffi! Non mi va di fermarmi se ci sono anche loro. Prendo la barretta e mangiucchiandola continuo la salita.
Certo che il bosco è davvero lungo! Lo diceva qualcuno che era infinito. Infinito non direi, per infinito intendo qualcosa che non mi piace, mi annoia o mi stanca. Questo è invece un bel bosco, fresco, lungo ma piacevole.
Finalmente sono al sole,il bosco è finito ed io mi permetto la sosta. Ho viaggiato ancora parecchio dalla decisione della sosta alla sosta vera e propria. Cercavo un masso fuori dal sentiero ma al sole. Alla fine mi sono dovuta arrendere, masso sul sentiero, non ci sono altre possibilità.
Gli spagnoli mi sa che sono tornati indietro. Non ho incontrato nessuno durante la salita, non sta salendo nessuno dietro di me.
Mangio, 10 minuti e gia’ mi annoio. E’ ora di ripartire.
Arrivo al Pian di Zocca, bellissimo, ed intravedo lassu’ il rifugio. Cavolo …. c’è ancora un bel pezzo di strada. Inizio a pensare che non starò nei tempi e questo mi disturba. Cosi cerco di attraversare in fretta la piana per riprendere la salita. Gli ultimi 100 metri saranno pero’ per me infiniti. Sono stanca e sto pagando lo scotto di aver fatto solo una sosta di 10 minuti! Io ho bisogno di fermarmi più spesso …. mannaggia al mio essere orso e agli spagnoli!
Mi fermo un momento, seduta su un sasso senza neppure togliere lo zaino. Riprendo. Ora il passo è lento ma salgo. Ogni volta che guardo su vedo il rifugio sempre troppo in alto, fino a che non guardo più.
E ci manca poco che vado a sbattere contro il vecchio rifugio (l’Allievi, credo).
Si. Finalmente ci sono arrivata.
4 ore e mezza dal parcheggio di San Martino.
Mi sento demoralizzata, speravo di aver ripreso in pieno ed invece ancora un po’ ci devo lavorare.
Alla fine, pero’, mi sa che i metri di dislivello non sono mica 1.355 come dice la relazione, ma 1.472 come dice la matematica.
Certo, dal bivio la dava in 3 ore ed io sono salita in 3 ore e mezza ….. che menate che mi sto facendo! Penso a questo molto probabilmente per non pensare ad altro, alle ultime notizie, al nuovo lavoro, all’amico che mi sta abbandonando …. Meglio pensare a quanto sono pippa piuttosto che a tutto il resto; d’altra parte, vengo in montagna anche per questo, per staccare la spina dopo la settimana che troppo spesso è pesante.
Mi siedo. Mangio. Mi guardo intorno. Arrivano i primi del sentiero Roma (beati loro!).
Turisti di giornata ce ne sono pochissimi. Non ho incontrato nessuno salendo, quindi quei pochi sono partiti ben prima di me.
Non attacco bottone stavolta. Saluto solo e basta, me ne sto nel mio brodo a riposarmi, a guardare la cartina, a godermi il caldo sole di fine estate.
Mi riposo fino quasi alle 3, poi inizia la discesa. Metto in conto 4 ore, un po’ per la lunghezza del percorso, un po’ perché voglio fare delle di foto.
Poca gente che sale, mi aspettavo di trovarne di piu’.
Ad un certo punto mi rendo conto che i tempi della macchina fotografica si stanno allungando: non mi sono resa ancora conto che il pomeriggio è quasi finito!
E’ incredibile come sia passata in fretta questa giornata! No, non in fretta, non rende l’idea. Diciamo che mi stupisce il fatto che sono passata di qui quasi 10 ore fa, a me sembra di esserci passata solo qualche minuto fa. Il tempo oggi non ha avuto corso per me, non mi è pesato nulla: ne’ il dislivello, ne’ la lunghezza del percorso, né la solita noia della discesa.
L’unica nota stonata è la caviglia che mi fa male, torna i disturbo della scorsa settimana. Si e’ infiammato qualcosa e non mi piace per nulla. Saranno gli scarponcini? Per scendere devo slacciarlo. La prossima volta metto gli altri scarponi, anche se pensanti. O provo a fare una gita piu’ corta. Insomma, devo fare un po’ di prove per capire cosa mi infiamma cosi la caviglia :(
Anche in basso c’e’ poca gente.
In particolare, ho incontrato 2 ragazzi, lui mi ha salutato con un sorriso ed una dolcezza infinita e questo mi ha toccato in modo particolare …. allora c’e’ ancora qualcuno capace di serenità?
Finita anche questa giornata. Il fatto di andare il sabato mi permette di arrivare a casa tardi, ho la domenica per recuperare ….. sintomo di invecchiamento …. una volta non ne avevo bisogno :)

domenica 16 settembre 2007

Pizzo Alto – 2.512 m, 15 Settembre 2007

Terzo tentativo.
Il primo non ho neppure messo gli scarponi, c’era una festa a Premana ed era impossibile parcheggiare.
Il secondo arrivai, con il mio solito socio, al lago di sotto. I tempi erano adeguati, ma io ero cotta.
So che è lunga, parto presto. Non rileggo la relazione, la porto dietro e la leggerò man mano. Mi piacerebbe fare l’anello, ma solo se è indicato. Il percorso è lungo e non mi sembra il caso di ravanare in discesa e magari allungare ulteriormente il percorso. Oltretutto, sulla mia cartina, il sentiero di discesa che penso io non è neppure segnato.
Parto alla solita ora. E’ comunque lunga e arrivo a Premana poco prima delle 8. Infilo gli scarponi, c’è sono un’altra coppia al parcheggio che parte mentre io sto facendo colazione.
Il meteo da ancora nuvolo la mattina, poi bellissimo … speriamo!
L’anno scorso era un mese avanti ed effettivamente il paesaggio era migliore. Ora non è ancora autunno ma siamo già a fine estate ed il percorso nel bosco che mi porta all’Alpe non lo trovo poi un granché.
Non guardo l’ora, dai cartelli dell’inizio del sentiero (che non segnano il Pizzo Alto, chissà perché!) ricordo che ci vuole un’ora e mezza ma a me sembra che ci sto mettendo di più.
Arrivo all’Alpe, 2 ore … prima di demoralizzarmi guardo la foto che ho fatto al cartello: 2 ore e mezza! Ecco, cosi va meglio. La mia relazione da 2 ore con un dislivello di 730m: posso considerarmi soddisfatta.
Il sole ancora non c’è e la temperatura è frizzantina. Piccola sosta e riparto. In un’ora (e 435 m) sono al lago inferiore. C’è un bel vento e penso alla salita: se non cala non potrò neppure fermarmi in vetta …
Il freddo è talmente intenso che metto la giacca a vento ed i pantaloni lunghi.
Leggo la relazione. Ecco … proprio non mi ricordavo delle catene per salire il canalino che porta al lago di sopra. Sto meditando se ce la farò, quasi quasi rinuncio.
Ma va … Andiamo almeno a vedere! E poi, anche la relazione dice che ci sono solo un paio di punti esposti e non è questo a preoccuparmi.
Le catene arrivano in fretta, il vento sembra calare ma qui sono a ridosso della montagna che probabilmente mi ripara.
Metto via i bastoncini e salgo.
Effettivamente in un paio di punti le catene le vedo bene, soprattutto per la discesa. A tratti è bagnato, meno male che il torrentello che evidentemente passa di qui, ora è quasi senz’acqua.
Arrivo, nei tempi della relazione, al lago di sopra: davvero incantevole!
Ora manca solo un’ora alla cima. Sono 4 ore che cammino e non mi sento ancora stanca, né fisicamente né mentalmente, mi manca SOLO un’ora alla cima :)
Risalgo la dorsale per la bocchetta e qui il sentiero inizia ad essere a tracce. Il percorso è intuitivo ma siccome sono da sola e non posso permettermi di sbagliare (è già lunga la gita …. non ne devo aggiungerne di mio!) mi fermo spesso per capire dove diavolo continua. Cosi perdo ancora qualche minuto e mi rendo conto che non posso cazzeggiare ulteriormente: avevo messo in conto 5 ore per la salita e non posso mettercene troppe di più.
Arrivo alla bocchetta, inizia il traverso che fa scendere un pochino e, appena girato l’angolo, eccola li la mia meta! Ogni tanto sparisce dietro a qualche dosso, ma quando ricompare è sempre più vicina. Anche qui ogni tanto il sentiero non è visibilissimo ed io mi fido poco di me stessa per dare retta al mio istinto, che però si è sempre rivelato giusto. Mi sono rimessa in corto, su questo versante ormai sono in pieno sole ed il vento è scomparso. Non fa caldo per fortuna ma il lungo non è più indicato.
Finalmente il traverso finisce, si inizia a salire per cresta.
Ormai ci sono, sento le voci in cima, vedo la punta della croce.
Ormai ci sono, dietro quella curva c’è la cima …
Ormai ci sono … ma quella cima non arriva mai!!!!
Gli ultimi metri mi sono sembrati infiniti, ora ho davvero bisogno di riposare. 5 ore e un quarto soste e meditazioni comprese: in linea con i tempi che mi sono data :)
In cima ci sono 4 bergamaschi … che non parlano … urlano!
Saluto e me ne vado dalla parte opposta. Loro hanno seminato zaini e magliette per tutta la cima (e meno male che è larga!) ma trovo un bel sassetto piatto su cui sedermi. Finalmente mi concedo almeno un’ora di riposo.
Il panorama da qui è fantastico! La cima è bella, la salita pure anche se non è una delle migliori che abbia mai fatto.
I bergamaschi continuano ad urlare ma per fortuna tra mezz’ora scendono, cosi io me ne posso rimanere qui tranquilla e sola per almeno un’altra mezzora.
Quando sono pronti a partire, mi chiedono la foto. Sorrido: son salita apposta!
Cosi chiacchieriamo un po’. Alla fine scopro che uno di loro non ha proprio voglia di scendere dalle catene. Però non sono partiti da dove sono salita io. Mi chiedono quanto ci ho messo e sembrano impressionati dal dislivello, quindi devono essere saliti da un punto più alto, ma neppure sulla cartina trovo un’altra partenza.
Foto con autoscatto, foto panoramiche, libro di vetta. Ora però è il caso di scendere. Non farò il giro, sono sola praticamente su tutta la montagna. Là vedo un sentiero che scende ma sulle mie cartine non c’è. Non mi preoccupano le catene in discesa, solo la lunghezza del percorso.
Faccio un paio di conti: al massimo alle 19 dovrei essere alla macchina. A quell’ora è ancora chiaro per cui posso prendermela con relativa calma.
In discesa faccio un po’ di foto del percorso ed arrivo alle catene.
Come pensavo, si scende agevolmente, le uso anche quando non strettamente necessario perché scendo più in fretta. Simpatico il canalino, devo dire che mi è piaciuto :)
Lago di sotto, la sosta la faccio all’alpe. Il ginocchio inizia a farsi sentire, meno male che i miei mega scarponcini sono una favola! Non mi fanno per niente male i piedi!
All’Alpe mi concedo un’altra mezz’ora di riposo e finalmente posso riempire le bottiglie: più di 2 litri oggi!
Arriva un signore senza zaino, scarpe basse e bastoncini … un mito! Mi chiede se sono stata ai laghi e non riesco a reprimere un moto di orgoglio e gli dico la mia meta. Mi guarda stupito: da sola???? Già, perché da sola evidentemente non è usuale. Effettivamente ci ho pensato anch’io, vista la lunghezza del percorso, ma se non c’è nessuno abbastanza pazzo che ci posso fare?
Ora mi tocca la parte più noiosa, L’affronto con il lettore MP3, mi fa passare il tempo.
Fa ancora caldo per cui non me la sento di allungare il passo. La discesa è accompagnata da un nugolo di moschini che sono noiosissimi e non si fanno scrupolo di appoggiarsi dappertutto, occhi compresi e vi lascio immaginare la gioia viste le lenti a contatto!
Alla fine sono alla macchina alle 18:30 stanca ma contenta della giornata, del giro, dell’ennesimo sassolino nella scarpa che mi sono tolta ...

domenica 9 settembre 2007

Pizzo Pioltone – 2.610 m 8 Settembre 2007

Il primo tentativo risale a circa 2 anni fa, una giornata più autunnale non solo per il mese (ottobre, se ben ricordo) ma anche per il tempo. Oggi, invece, la giornata è da favola, fresca e limpida come non mai.
Arrivo presto, poco prima delle 9 ho gli scarponi ai piedi. Ci sono un paio di coppie che sono partite prima di me ma il parcheggio è ancora vuoto.
Prima la jeeppabile poi il sentiero nel bosco. Umido, pieno di ruscelletti ma, sarà perché non cerco bene, non vedo funghi.
Il lago. Non me lo ricordavo ma ne parla la relazione; piccolo, in stile proprio alpino.
La palude e poi ancora la salita per arrivare al Rifugio Gattascosa, con i suoi cumuli di legna che ormai sono diventati caratteristici.
La relazione parla della cresta a partire dalla Bocchetta di Gattascosa (o Passo di Ragozza) ma mette come alternativa la salita al Pioltone, mentre per me la gita è la salita al Pizzo e la cresta se mi avanzano le forze. Prendo quindi la strada che mi porta, in pochi minuti, al Passo di Monscera.
Per i tempi di percorrenza sono allineata con i cartelli, fino a qui. La salita al Pizzo però non è segnata, ma ci sono circa 500 m di dislivello, per cui metto in conto un’ora e mezza.
E qui arriva anche il bello. La mia relazione dice che non c’è la traccia, ma di stare sulla linea di confine …. 2 anni fa, anche il rifugista ci disse che non c’era sentiero ma si saliva a naso ….
Beh, se non riesco a salire pazienza, continuo a ripetermi.
Intanto il sentiero che parte dal passo è segnatissimo.
Ci sono gli ometti …. e che ometti!
Finisce il prato, il sentiero continua sulla linea più ovvia con tanti piccoli tornanti.
Ed è pieno di ometti …. e che ometti!
Man mano che si sale il sentiero si fa più ripido e più faticoso, il terreno più instabile, ma la traccia è un’autostrada! Chissà perché non è segnato sui cartelli … mah, i misteri dell’escursionismo!
La giornata è stupenda, fresca, ma io faccio tanta fatica. Mi fermo un paio di volte per riprendere fiato (con la scusa di un pezzetto di cioccolato) e proseguo il mio cammino solitario. Non c’è proprio nessuno! Il panorama che si apre è entusiasmante ed il sentiero sempre più ripido.
Non guardo l’altimetro né l’orologio, quando arrivo arrivo, tanto è presto.
Alzo lo sguardo e vedo l’ometto di vetta …. Un sorriso …. E vedo anche qualcosa di bianco che potrebbe essere un tronco di larice morto da tempo. Oddio, ce n’è più di uno …. e …. ma quelle sono corna …… E si, mi accoglie un bel branco di caprette bianche con il caprone la, dietro l’ometto di vetta, che se ne sta all’ombra. Mi guardano incuriosite, la più ardita mi si avvicina … diciamo un po’ troppo, e devo prendere provvedimenti.
Lascio a loro la cima e mi incammino sulla cresta. Pochi metri più in la l’ultimo ometto, niente cacche di capra e qualche bel sasso piatto su cui sedersi.
Panorama a 360°, non so se le foro renderanno la bellezza del posto (i panorami proprio non mi vengono ….). Ogni tanto qualche raffica di vento arriva a tenermi compagnia con i suoni che crea passando tra i fili d’erba, tra le rocce della cresta, creando mulinelli di terra …. Stranamente dove sono io, nonostante sia sulla cresta, rimane riparato.
Con a fianco il bastoncino (la capretta curiosa ha accoliti al suo …. mio fianco) mangiucchio qualcosa e poi mi rilasso.
Guardo laggiù la cresta di cui parlava la relazione. Bella e ben tracciata. Il sentiero di discesa è deciso.
Vado a rompere le scatole alle caprette per prendere il libro di vetta, non posso non lasciare la firma!
Mi guardo la Cima del Dosso, dove sono salita qualche mese fa.
Ma …. Laggiù …. Oddio! Quelle sono le Grigne! Che giornata!!!
La Capanna Margherita si vede ad occhio nudo. Un piccolo disappunto per non essere riusciti, neppure questo we, a salire ancora un po’ mi viene, ma è placato dalla bellezza del luogo.
Scendo.
Sta salendo un ragazzo che incontro a metà discesa (metà dal Passo) e mi chiede quanto manca. E’ solo e senza zaino. Per il resto, qualcuno si vede al Passo ma poi più nessuno. Peccato perché se è vero che è ripida, è anche vero che escursionistica più che mai.
Al Passo saluto 2 ciclisti e mi avvio verso la cresta. Ovviamente si sale; ora però mi sono riposata e la fatica è comunque minore. Come ogni cresta che si rispetti, dopo essere saliti di un buon 100 m inizia il classico saliscendi. Iniziano i colori dell’autunno, l’erba che assume quel color marrone fantastico. Il pomeriggio rende la luce migliore e le montagna svizzere (credo sia il gruppo del Weissmies) è favoloso.
La cresta è segnatissima ma rimane selvaggia.
Sempre la mia relazione, dice che dal rifugio si sale accanto al canale dell’acqua e si punta alla evidente bocchetta. Mi viene da pensare se sarà cosi semplice scendere al rifugio senza traccia.
Sempre la mia relazione, dice che si può salire anche dal lago, con radi e sbiaditi bolli rossi che segnano la strada, ma io devo scendere al rifugio a fare scorta d’acqua: un litro e mezzo non mi è bastato :(
Arrivo in vista della bocchetta ed il sentiero scende …. ma dalla parte opposta, dove c’è un altro splendido laghetto alpino che ho visto dalla cima del Pizzo.
Seguo perplessa il sentiero e laggiù vedo un signore che si sta incamminando verso la bocchetta. Rincuorata lo raggiungo e, come al mio solito, attacco bottone. Facciamo un pezzo di strada insieme chiacchierando, mi racconta di un bel giro ad anello che si può fare e non sembra niente male … anzi! Anche lui gira spesso da solo e mi viene spontanea una considerazione: man mano che vado in giro da sola mi trovo sempre meglio, il mio essere orso diventa ogni giorno più presente e, anche se mi manca la compagnia per certe gite che da sola non me la sento di fare, la solitudine di queste passeggiate mi piace sempre di più. Scelgo da sola meta, luogo e tempi. Non sarà sano, ma mi rigenera.
Il mio compagno occasionale mi lascia quando inizia la discesa per il rifugio (segnatissima, ovviamente!). Lui scende al lago.
Scorta d’acqua e poi via verso la macchina.
Giro splendido. Poca gente come il sabato sa di solito regalare.
Peccato non aver deciso di fermarmi qui a dormire, domani mi sa che, nonostante le previsioni siano ottime, me ne starò a casa.
Mi sono tolta un altro sassolino dalla scarpa e mi rendo conto che, nonostante tutto, quest’anno ne ho tolti di sassolini …. !!!

lunedì 27 agosto 2007

Rifugio Mezzalama 3.036 m - 25 Agosto 2007

Dopo un’infinità di tempo è ora di mettere fine a questa lacuna: oggi si va al Mezzalama!
Non so perché questa gita mi inquieta, forse perché arriva proprio alle pendici del ghiacciaio (Polluce, tanto per non far nomi), forse perché il dislivello non è banale, forse perché ne ho sempre sentito parlare ma non ci sono mai salita.
Il fatto di aver dormito qui a St. Jacques fa si che sono sul sentiero poco prima delle 8. Nonostante l’orario, trovo qualcuno che inizia come me presto.
Fino al Pian di Verra inferiore sono nello splendido bosco che si trova di queste parti, poi c’è la carrozzabile. A dire il vero non l’ho trovata noiosa, oltretutto si cammina abbastanza velocemente ed io ho davanti il Rosa nella sua splendida luce mattutina di una giornata che si preannuncia eccezionale.
Il passo è buono, sono nei tempi dei cartellini (di più non posso pretendere).
Arrivati al Pian di Verra superiore inizia la vera salita ….. ed io inizio a boccheggiare.
Non capita anche a voi di avere delle gite che hanno in comune alcuni denominatori?

Apro un’altra nota di colore.
Iniziano ad arrivare delle persone, arriveranno ad ondate (che sia per il taxi, leggi jeep, che si puo’ noleggiare a St. Jacques?). Sono ferma per una pausetta, per cui mi passano davanti senza problemi. Quando riprendo, sento dietro di me un passo veloce. Con lo sguardo vedo che è un ragazzotto, allora mi faccio da parte e lo lascio passare.
Nulla.
Il silenzio più assoluto.
Riprendo a camminare con un “GRAZIE” a voce abbastanza alta da farmi sentire dal ragazzotto.
“Per cosa?”
Per essermi fermata a farti passare”
“E’ scontato” ….. cosa????? Non ci posso credere ….. ribatto che non è scontato essere gentili e cortesi e che con altrettanta gentilezza e cortesia dovrebbe essere ricambiato con un grazie.
Non ho parole ….
Chiusa la nota di colore.

Dopo il pezzo più faticoso, si inizia ad intravedere il rifugio, e meno male perché il primo che si vede è le Guide Della Val d’Ayas che rimane lassù sul cucuzzolo!
Ancora un po’ di fatica quando, proprio dietro un dosso, appare come d’incanto il bel rifugetto, con le sue finestre rosse in un contesto da favola! Ovviamente il piazzaletto antistante il rifugio è pieno di magliette, zaini, scarpe e proprietari di tutto ciò, ma non mi tange: faccio un giretto li intorno per vedere com’è e poi me ne vado su, a cercare una pietra solitaria con una bella visione.
La trovo vicino al sentiero, cosi mi permetto di scambiare 4 chiacchiere con il signore incontrato in salita (pantaloni alla zuava di velluto …. Mi è venuto spontaneo di dire: ma non ha caldo? Mi ha guardato con aria afflitta: e si, oggi ho proprio sbagliato abbigliamento! E’ proprio vero che la cortesia fa parte di un’altra generazione …) di salutare quelli che scendono dalle Guide della Val d’Ayas e di godere di un panorama davvero mozzafiato.
Chissà se un giorno ricalcherò questi passi con uno zaino pesante, meta il prossimo rifugio per tentare il famoso Polluce? Mai perdere le speranze, ma ogni anno che passa la vedo sempre più difficile come meta ….
Scendo, gli escursionisti continuano ad arrivare ad ondate per cui ci sono dei pezzi che mi faccio da sola alternata a pezzi che mi tocca salutare ogni passo che faccio
Piccola deviazione al lago blu, bello, non c’è che dire, ma stracolmo di merenderi. Sosta alla Casa Bel Bosco e poi alla macchina. Alla fine non è stata neppure una giornata troppo lunga …. Quasi quasi mi sono pentita di non essere salita oltre, almeno fino a dove si poteva, prima di incontrare il ghiacciao …. Ma ci tornerò!

Palon di Resy 2.675 m - 24 Agosto 2007

Ritorno qui. Altro posto da esorcizzare dai ricordi negativi.
La prima salita è stata lo scorso dicembre, con un po’ di neve.
Oggi la giornata è bella, l’idea è di salire la cima e poi andare a vedere i laghi.
Arrivo a St. Jacques abbastanza presto, in un battibaleno sono al Rifugio Ferraro salendo nello splendido bosco. Piccolissima pausa e poi riprendo il cammino sulla carrozzabile. La mente va, ho una decisione importante da prendere e molta rabbia in corpo. Ergo …. Mi perdo il bivio!!!
Dopo circa 150 m di dislivello mi convinco che ormai il bivio è passato, per cui torno sui miei passi ingiungendomi di non pensare più alla rabbia provocata dagli eventi, che tanto mi rovinerei solo la giornata.
Tra andare e tornare mi partono circa ¾ d’ora, pazienza, tanto sono abbastanza veloce per i miei standard. E poi stanotte dormirò qui, per cui l’idea è quella di scendere tardi, intorno alle 18.
Il sentiero me lo ricordo alla perfezione. Sono sola e non fa caldo, il sole è piuttosto velato e le cime intorno, che ormai ho salito quasi tutte, ogni tanto si coprono.
Verso la metà della salita aperta, iniziano ad arrivare gli altri gitanti. Un paio mi superano, ci salutiamo con il solito sorriso. Cribbio se vanno veloci! Un altro si incolla ai miei talloni ma non mi disturba. Il sentiero è visibilissimo e non si può sbagliare, non so perché rimane li.

E qui apriamo una nota di colore.
Arrivano 2 signore/ragazze che chiacchierano con voce insolitamente alta, tantè che ascolto tutti i progetti per novembre, per lo sci di discesa …..
Mi affianca la prima e mi supera tagliando un tornate. Mancano ormai pochi metri alla cima.
“Permesso” ….
Ci metto un po’ a realizzare che quella dietro di me, l’amica di quella che mi ha superato, mi sta chiedendo strada.
“PERMESSO!!!” mi dice con tono alquanto irritato.
Ora, per chi non conosce il Palon di Resy, dopo il bosco il sentiero si snoda su prati molto tranquilli, non c’è assolutamente problema ad uscire dal sentiero per superare, cosi come hanno fatto gli altri.
Al terzo “Permesso” la tipa abbastanza scocciata mi supera uscendo dal sentiero sbottando che lei aveva chiesto “permesso” …. Ammetto che sono sempre più basita e le faccio presente che può superarmi tranquillamente senza impormi di fermarmi. “Io le ho chiesto permesso! Il sentiero è uno solo!” …..
No comment.
Le ho solo fatto presente che non è stata educata e soprattutto non sa come ci si comporta in montagna.
Ci mancava solo questa ….. però la cosa mi ha divertito anche perché quando sono arrivata in cima lei e la sua amica non avevano ancora finito di togliere lo zaino dalle spalle …. C’è gente che la montagna proprio non sa neppure cosa sia.
Fine della nota di colore.

Foto di rito alla croce, poi mi incammino verso la cresta con l’idea di trovare un posto riparato dall’aria, oggi la temperatura è molto fresca.
Mi leggo bene la relazione e scopro che la cima non è quella con la croce ma quella dove sono io …. Meno male che ci sono tornata!!! :-)
Pausa lunga a godermi uno splendido panorama sul rosa in completa solitudine, poi mi avvio verso i laghi.
Pochissima gente, un paio di gruppetti che stazionano al primo lago. La relazione dice che il sentiero, segnato da ometti, arriva fino al lago più alto. Ora mi trovo ad un punto in cui ometti non se ne vedono più, ma come faccio ad essere sicura che è l’ultimo lago? La mia relazione parla di un GROSSO ometto su un masso, ma non lo vedo :-(
Faccio un po’ di avanti e indietro per fare delle foto sbirciando sempre verso l’alto per cercare l’omone …. E finalmente lo trovo!
Salgo, ora sono contenta, questo è l’ultimo lago!
Mi fermo ancora un po’, tanto è presto. Quassù non c’è nessuno ed è un peccato perché il posto è davvero molto suggestivo, una balconata sulla Val d’Ayas stupenda!.
E’ ora di scendere. Incontro ancora qualcuno che sale per pernottare ai rifugi.
Da lassù si vedeva la gita che farò domani: Mezzalana. Si vedeva un rifugio, ma non ho capito se è il Mezzalana o le Guide della Val d’Ayas, ma domani lo scopriro’ di certo :-)

giovedì 16 agosto 2007

Corno Baitone: la gita infinita! 14/15 Agosto 2007

Infinita si e per 2 motivi: infinita la pietraia che non finisce mai e infinita perché non è stata finita, visto che abbiamo rinunciato. Perché?
Andiamo con ordine.
Due parole: Corno Baitone. Andrea accetta subito. Strano. Partiamo comunque al pomeriggio, la mattina, una volta tanto, ho da fare io e non posso partire presto. Meglio cosi, perché danno brutto tempo con miglioramenti lenti in serata.
Arriviamo al parcheggio e subito cozziamo contro l’esuberanza bresciana: mettila li la macchina, un po’ piu’ a destra, indietro, ancora, gira a sinistra ….. il tutto nel giro di 10 secondi ….. ma ci lasciasse un pochino respirare!!! Gentile, ma troppo invadente e poi non parla, urla. Meno male che se ne vanno quasi subito e noi prendiamo il loro posto macchina.
Ci prepariamo e partiamo. Il tempo è uggioso, ha smesso di piovere da poco e l’aria è umidissima. Sudo copiosamente ma cerco di salire in fretta, tanto rallentare non servirebbe a sudare di meno. Davanti a noi le nuvole, ci stiamo andando proprio incontro. Meno male che, man mano che si sale, le nuvole basse sono in diradamento e arriviamo al Tonolini che le nubi si sono alzate e sta diventando sereno.
Ci prepariamo il risotto, mangiamo il salamino e poi a czzeggiare un pochino prima di andare a nanna. La sveglia la mettiamo (o meglio, la metto …. ) alle 5; i cartelli dicono che ci vogliono 4 ore ed io inizio a preoccuparmi, visto che in salita ho impiegato il tempo esatto dei cartelli.
Siamo i primi ad alzarci, scaldo l’acqua per la colazione, chiudiamo gli zaini e alle 6 partiamo.
Mi devo scaldare, ma non si va male. Fa freddino, tant’è che ho i pantaloni lunghi. Arriviamo ai laghi gelati una mezz’ora prima dei cartelli: che bello! Bello si, ma la quota è ancora bassa. A parte qualche strappo ci sembra di non salire mai.
Si, bello …. Ora inizia davvero il bello.
La pietraia è iniziata da subito, ma fino ai laghi gelati è agevole e si alterna a tratti di sentiero. Ora invece diventa faticosa, i massi sono più grossi ed i segni non sempre ben visibili. E qui inizia il tormentone: per forza non vediamo i segni, noi li cerchiamo in alto (stiamo salendo, non dimentichiamolo, ed invece la traccia se va bene va in traverso, altrimenti …. scende …..
Ci facciamo un’ora a 2900 m, un incubo! Continua a fare avanti e indietro, per passare il vallone ci fa fare il giro dell’oca ma, non essendo della zona, non ci fidiamo a tagliare, il terreno è davvero faticoso e man mano che procediamo diventa sempre più faticoso ed i massi più instabili.
Finalmente arriviamo in vista del canale di salita, solo che siamo a circa 4 ore dal rifugio. Pazzesco! Lo so che sono andata piano sulla pietraia, ma eravamo in 2 a cercare i segni ed Andrea ci vede MOLTO bene, mica come me.
Facciamo fatica a trovare il bollo di partenza delle roccette (benedetta relazione che mi ha passato qualcuno di ISM un paio d’anni fa, peccato non mi ricordo più il nome) ed io sono scettica sul fatto di salire.
Ci fermiamo, mangiamo e riflettiamo.
Il tempo, un po’ nuvoloso appena partiti, ora è splendido, l’Adamello si fa vedere e indico ad Andrea le 2 vie da cui sono salita che da qui si vedono abbastanza bene.
Vedo che lui scalpita ed in effetti prova a salire. Io sarei passata alta, lui invece, visto che a livello del bollo non è consigliabile salire, scende sul nevaietto. Si trova però di fronte ad una bella placca con una fessura non proprio semplice per due come noi (poi vado pure io a vedere, senza zaino, magari ce la si fa, un tentativo non fa mai male).
Siamo a quota 3000 e qualcosina, mancano dai 250 ai 300 m per la cima. E sono già le 11.
Le difficoltà che vediamo dal basso ci fanno desistere. Dal mio punto di vista sono stremata dalla tensione della pietraia, del fatto che non saliva mai con un percorso abbastanza faticoso.
Intanto che ci riposiamo ancora un pochino, arrivano 3 bresciani. Cerchiamo di chiedere a loro se abbiamo o meno sbagliato strada, visto che loro ci hanno messo 2 ore dal rifugio. Non sono molto sociali, ci rispondono piuttosto seccamente che se ci abbiamo messo 4 ore vuol dire che abbiamo sbagliato strada. Stop.
Il quarto è indietro, lo aspettano di malavoglia. Poi scopriamo che c’è anche un quinto, che hanno lasciato solo perché, avendo problemi di cuore, si deve fermare non appena arriva la crisi della tachicardia. Un bel gruppo di montanari, non c’è che dire!
Comunque loro salgono. Guardiamo che strada fanno e non seguono i bolli, stanno piu’ in alto. Loro, che sono bravi e conoscono la strada, ci mettono un’ora a salire. Sono sempre più convinta che abbiamo fatto bene a rinunciare.
Scendendo, cerchiamo di capire se c’è un’altra strada che non abbiamo visto e vediamo degli splendidi ometti che puntano dritti ai laghi gelati. Li seguiamo, ma dove servirebbero di più, proprio dove c’è il salto di roccia, spariscono. Andrea non è tranquillo, io non posso forzarlo e poi ho bisogno pure io di avere vicino qualcuno un po’ piu’ sicuro di me, per cui rinunciamo e torniamo da dove siamo venuti.
A parte l’infinito traverso che ora, ovviamente, sale, scendiamo al rifugio abbastanza in fretta.
Parliamo con il gestore che ci dice di aver chiesto di mettere un paio di catene per la cima, vediamo se alla fine la vince. Secondo me, li ci starebbero bene. Non solo perché io, da brava escursionista, con la catena mi sento più sicura, ma anche perché già non ci sale nessuno su ste montagna, almeno con un aiuto ci verrebbe più gente. Non è bello vedere la montagna che nuore cosi ……
Mangiamo e poi scendiamo.
Ora fa tanto caldo, ma in un paio d’ore siamo alla macchina. Gelato a Edolo e poi verso casa.
E’ sempre amaro quando devi rinunciare alla cima, ma è buono saperlo fare. Appena scesa non ero assolutamente propensa a ritentare ma ora, che ci ho dormito sopra, non sarei cosi assolutista. Con un compagno di avventura che abbia maggiore sicurezza su questi terreni penso che la ritenterei …..

lunedì 13 agosto 2007

Cima Bianca 3.009 m – 11/12 Agosto 2007

Che we incasinato! Mettere 2 persone insicure come Andrea e la sottoscritta nell’organizzazione di un we che mette insieme tempo incerto, nevicate di un certo spessore in quota e verifica delle condizioni per salire al Mer de Glace vuol dire uscirci con il mal di testa.
Venerdi sera telefonate piene di dubbi. Dormiamoci su, ti chiamo domattina: va bene alle 6:30?
Certo.
Intanto medito.
Prima ero convinta di tentare la Giordani dal Col d’Olen, al limite si girava sull’Alta Luce, ma le obiezioni di Andrea mi fanno ricredere: non posso convincere qualcuno con le condizioni cosi incerte …. fossi tranquilla io!
Medito che domani gli dico: stiamo a casa sabato e se non riusciamo ad andare in zona Bianco, andiamo a fare una giornaliera domenica.
Non faccio in tempo a mettere a punto il mio messaggio che arriva un sms: va bene il tuo programma, andiamo la (in Valle d’Aosta) e poi vediamo il da farsi.
La mattina è più possibilista Andrea di salire la Giordani, io invece ho paura che lo faccia solo perché ingolosito (termine da lui coniato) dalla salita più’ che dalla convinzione di farcela.
Arriva il messaggio dell’amico del Bianco: meglio aspettare 2/3 giorni che la neve caduta in questi giorni si stabilizzi.
Il colpo di grazia.
Sono iperindecisa ed in queste condizioni preferisco non andare. La Giordani è la e non scappa di certo.
Andrea accetta la proposta della Cima Bianca con il suo primo pernottamento in bivacco. La cima è un 3.000 scarso, forse non troviamo neppure neve.
E poi non è che le previsioni siano eccelse per il Rosa.
Continuiamo a convincerci per tutto l’avvicinamento che è la scelta giusta, ma aleggia nell’aria una certa delusione.
Partiamo che è già l’una e mezza e imbocchiamo l’infinita strada che porta al Lago di Loditor. Ho preparato Andrea a queste prime 2 ore per cui non se la prende per la lunghezza del percorso. Per fortuna ora so bene la strada e avrò solo una paio di dubbi più avanti, ma nel complesso non possiamo perderci, anche se non abbiamo (ovviamente) le cartine.
Breve pausa e poi riprendiamo. Inizia finalmente la salita. Ho lo zaino pesantino e per fortuna non è particolarmente caldo.
Inizio a chiedermi se saremo i soli al bivacco senza contare che però Andrea è ansioso e non essendoci mai stato in bivacco si sta preoccupando.
Si preoccupa fino al punto di mettere le gambe in spalla e lasciarmi indietro ….. Forse gli è sfuggito il fatto che anche se arriva 5 minuti prima di me la situazione non cambia!
Vedo il bivacco …. e vedo la porta aperta …. e vedo un po’ di gente fuori …. MANNAGGIA!!!
Appena arrivati mi apostrofa un tipo: Dormite qui? Perché siamo in tanti: noi in 4, un altro gruppo di 7.
A parte il benvenuto (non l’ho mandato a quel paese solo perché cerco di essere una persona civile) faccio i conti: 13 persone in 9 posti! Va beh, troveremo una soluzione.
Il tempo di riprenderci ed iniziamo a prendere contatti con gli atri bivaccatori. Il ragazzo che apostrofò cosi all’inizio si rivela invece un’ottima persona, tant’è che più tardi gli racconto le mie impressioni: Ecco! Do sempre l’idea sbagliata di quello che voglio dire! Bene, allora siamo in 2 :)
Anche il gruppo di 7 non sembrano male, hanno 4 bimbi di 9 anni con loro e si fermano qualche giorno qui: mitici!
Intanto si fa l’ora di cena, i padri dei bimbi mi dicono che stanno accendendo la stufa e, il tempo di scaldare dell’acqua, poi mi lasciano uno dei due fornelli a disposizione: grandi!
Ci si da una mano tutti quanti, c’è un ambiente davvero bello. I bambini sono meravigliosi, nonostante siano bimbi. Sono svegli ed intelligenti e le domande che ti pongono non sono mica sceme ….. c’è da riflettere!
Finita la cena ci apprestiamo alla “riunione di condominio” per decidere la logistica ed ecco che ne arrivano altri 3.
Lo sguardo di una delle tipe è emblematico: non ci ha mandato a quel paese, almeno, non lo ha fatto ad alta voce, ma dentro di se deve aver imprecato assai!
Sembra sconvolta, cosi le si offre un po’ di pasta avanzata dai 4 ragazzi. Se la mangia senza fiatare e poi pensa a preparare la loro. Hanno anche un cane. Io adoro i cani, ma con il bivacco cosi pieno, con la possibilità di mettere dei materassi per terra, ci fanno chiedere, con dispiacere, di tenere il cane fuori dal bivacco. Meno male che hanno la tenda!
Facciamo i conti: il gruppo di 4 ha una tenda (o 2 … sinceramente non lo ho mica ancora capito!) I papà con i bimbi hanno pure loro 2 tende. A conti fatti, chi può dorme in tenda, ne avanzano giusto 9 per il bivacco :) Problema risolto prima ancora di averlo considerato!
Saltano fuori le bottiglie di vino, il limoncello, la crostata di marmellata …. Ed è la notte delle stelle cadenti. Luca (uno dei mitici papà) si offre di scendere a prendere legna, un ragazzo del gruppo dei 4 lo accompagna e noi iniziamo ad accendere il fuoco, in modo da farci trovare pronti appena arrivano i ciocchi.
E la serata passa cosi, tra un liquore alla liquirizia e le stelle cadenti, in 13 intorno al fuoco a chiacchierare (gli ultimi 3 arrivati confermano l’impressione iniziale e se ne stanno per conto loro).
Si contano le stelle, si ammira la via lattea, si riconoscono i carri e la polare …. e si beve :)
Alla fine andiamo a nanna che è quasi mezzanotte. Dentro in bivacco e c’è un casino incredibile! Non c’è un buco libero sul tavolo, e la roba non è di nessuno di noi, visto che avevamo lasciato lo spazio agli ultimi arrivati …. Commento un pochino, come il mio solito, e poi a nanna.
La notte passa tranquilla, la mattina mi sveglio presto ma non sento alcun tipo di movimento. Aspetto le 7 ma poi mi alzo. Mi segue Andrea, poi pian piano il gruppo dei 4. Luca è già in piedi. Facciamo colazione poi Andrea ed io partiamo.
La giornata non sembra fresca, io parto già in corto ed inizio la salita che mi porta al pianoro.
Lassù vado a lume di naso, tanto so dove si scollina per la cresta, ma tanto fa che, anche senza volerlo, mi ritrovo sempre a ridosso dei segnali.
Ora c’è lo strappo che ci porta in cresta. La temperatura scende, il cielo non è più cosi limpido e blu ma iniziano ad addensarsi le nuvole.
Arrivata in cresta, incredibile ma vero, mi metto il pile: il venticello è davvero freddo!
Con il mio lento passo risalgo la cresta. Mi perdo una volta sola, dove per seguire il filo di cresta perdo di vista i segnali, ma li vediamo li sotto ed è un attimo ritornare sulla retta via.
La cresta è lunga, in ambiente abbastanza severo, ma il 2 passaggi un po’ esposti li devo ancora trovare.
Finalmente arriviamo sotto lo strappo finale. Andrea vuole lasciare giù i bastoni. Io non rispondo ed inizio a salire: c’è il sentiero, cosa li lasciamo giù a fare?
In cima ci va abbastanza bene, le nuvole si spostano un po’ di qui, un po’ di la quel tanto per permetterci di godere del bel panorama di lassù.
L’unica parte che non si è mai vista, tranne uno sprazzo all’inizio, e quella del Rosa …. Come sono contenta di aver deciso per questa meta!
Stiamo in cima un’oretta. Vediamo il gruppo di 4 sotto di noi, dal versante opposto rispetto quello da cui siamo saliti, ma si fermano ad un cimotto più in basso.
La discesa è tranquilla, c’è qualcuno che sale, ma pochissima gente.
Arrivati al bivacco troviamo ancora tutti li: i 3 stanno partendo ora, i 4 stanno finendo di mangiare poi partono, i papà ci invitano a mangiare un piatto di pasta con loro …. Dovevamo aspettarcelo! :)
Accettiamo ed io inizio a dare una mano in cucina (ovviamente). La cucina sulla stufa ha dei tempi tutti suoi, per cui si pranza tardino.
Riusciamo ad essere pronti per la discesa verso le 3.
A metà discesa sosta caffè, poi altra sosta respiratoria per i piedi (che sono rimasti intrappolati nei calzettoni da più di 24 ore!) e poi, sotto qualche goccia di pioggia, approdiamo alla macchina.
Andrea sembra soddisfatto della gita e della esperienza in bivacco. C’è da dire che gli è andata un gran bene con la gente che abbiamo incontrato!
Panino, gelato, e poi casa ….. con la speranza di fare ferragosto in zona Bianco, anche se io, sinceramente, ci credo poco …

lunedì 6 agosto 2007

Monte Cevedale m 3.379 – 4/5 Agosto 2007

Cevedaliamo? Massi, mi risponde il socio, il meteo da bello per tutto il we.
Partiamo un po’ prima del previsto, visto che è il sabato “nero” per il grande esodo ed il buon giorno me lo regala la tangenziale: 1 km di coda per incidente…. Iniziamo bene!
Nonostante la coda arrivo puntuale. Sosta caffè nei dintorni di Morbegno e poi ….. arriva Sondrio, arriva Bormio, arriva Santa Caterina Valfurva …. Ma quando arriva il parcheggio???
Cavolo: 4 ore e mezza di strada!!! Arrivo già stracotta dalla guida, mi vedo bene salire al Casati.
Il parcheggio è pieno, trovo pero’ un buchetto per mia macchinina. Carico la corda (con Andrea si fa a mezzo …. ) e via verso il Pizzini. Pantaloni corti e maglietta leggera, ovviamente.
Arrivati pero’ al Pizzini pian piano ci vestiamo, io arrivo addirittura ad avere i pantaloni lunghi, la maglia con le maniche lunghe ed il pile! Un vento piuttosto gelido ci accompagna nel pranzo e nella successiva salita. La corda passa nello zaino di Andrea ed io mi sento un po’ piu’ sollevata.
Non ho mai fatto questo sentiero, non me lo aspetto cosi: è bello, ripido ma praticamente un’autostrada.
Salendo, vediamo la crepaccia terminale: urca! Andrea, non cominciamo ad agitarci, mormoro …. Vediamo domani quando siamo li. E poi la traccia è evidente e senza interruzioni, per cui niente stressamenti e pensiamo ad altro.
Saliamo in tempi abbastanza decenti, ma il vento non ci da tregua. Alla fine, dopo essermi ripresa dalla fatica, mi metto addosso tutto quello che ho, tranne il guscio della giacca a vento; inizio a pensare che domani patiro’, forse per la prima volta, il freddo.
Passiamo le ore tranquilli a fare foto, a chiacchierare e a guardare il panorama che, dal rifugio, spazia davvero a 360°
Cena: solo una pasta. Ok, non ci portano il pane ma il grana si. La pasta è cotta ma manca di sale, pazienza. Mangiamo poi un po’ di cose nostre e ci apprestiamo ad aspettare il tramonto per le foto di rito.
Paghiamo.

Apro una amara parentesi.

Ecco, qui arriva una nota dolente. Lasciamo perdere il fatto di farci passare avanti chiunque si avvicini al bancone (sai com’è …. non abbiamo la mezza pensione e pensano cosi di trattarci con meno considerazione, penso io) che pero’ mi ha permesso di verificare che di ricevute non se ne parla proprio, almeno 5 le ha fatte, li davanti a me, scrivendo su un bel blocco …. di carta straccia per quel che riguarda la finanza.
Arriva il nostro turno, paghiamo, mi prendo il mio biglietto di carta straccia e mi siedo a meditarci sopra.
8 euro un piatto di pasta.
Il rifugio è over 3.000, ma mi sembra tanto lo stesso.
Mi metto alla ricerca del prezziario che DEVE essere esposto e ben visibile, mi giro tutto il piano terra del rifugio ma non lo trovo: alla faccia della visibilità!
Alla fine chiediamo, e scopriamo che l’anno appeso in una nicchia rivolta verso il bar e praticamente invisibile al cliente …..
Allora mi incazzo un momentino e vado verso la signora: come mai la pasta 8 euro?
Il pane, mi risponde ….. Guardi che non ce l’hanno neanche portato!
Il cazziatone se l’e’ preso la ragazza, ovviamente dopo aver messo NOTEVOLMENTE in discussione la mia affermazione.
A questo punto chiedo la ricevuta (n 166 ….. dall’inizio dell’anno ….) che fa fare al marito in cucina.
Scocciata assai, la signora mi rende 5 euro con la ricevuta. No, guardi che sono 6.
Ah no, mi risponde andando verso il prezziario: il pane sono 2,5 euro a testa!
Si, ma la pasta sono 5.
C’è il formaggio ….. COSA??????
A quel punto mi incazzo! Ma le sembra? Lei mi porta una cosa (e per fortuna non ha portato il pane) e non mi dice che la devo pagare a parte? E poi, dov’è il prezzo del formaggio grattugiato sul prezziario?
La signora, alzando la voce, mi fa presente che anche al ristorante portano il formaggio.
Sempre piu’ basita le faccio presente che non me lo mettono come costo a parte.
E lei: certo, e’ compreso nel prezzo della pasta ….
Sono sempre piu’ basita, lei chiama il marito dicendo che noi facciamo una questione per 1 euro ….
Noi 1 euro, ma li vogliamo moltiplicare per tutti quelli che passano? E ci vogliamo aggiungere le ricevute che non vengono fatte?
Ora sono troppo incazzata, purtroppo Andrea non è tipo da intervenire ed io valuto che è meglio che me ne vada, altrimenti qui finisce in litigio.
Il giorno dopo, oltretutto, vengo a scoprire che la figlia del referente del CAI Milano (a dire il vero è il vice, ma la figlia dice che il capo è troppo anziano per andar per rifugio per cui manda il vice, il papa’ appunto, che è amico dei gestori …. Che sia per questo che possono permettersi di comportarsi in questo modo? Inoltre, c’è un bellissimo cartello, questo invece MOLTO ben visibile, che chiede 3 euro per mangiare il proprio cibo …. senza fare, ovviamente, nessuno riferimento al fatto che i caini hanno il diritto di consumare il proprio cibo all’interno del rifugio GRATUITAMENTE!
Servirà a poco, ma appena mi calmo preparo una lettera da mandare al CAI Milano e da pubblicare sui vari siti e forum che parlano di montagna: ne ho proprio le tasche piene di questi gestori prepotenti che pensano soltanto a come spennare il polloalpinista (non vi dico le facce degli stranieri quando vedevano il conto!!!)
Fosse poi un rifugetto dove non ci va nessuno! Hanno un sacco di gente sia a dormire che a pranzo, per cui non è davvero scusabile come comportamento.
E per finire questa triste pagina di una gita che, per fortuna si è rivelata splendida, faccio riferimento solo ad un fatto: l’anno scorso, il signore (penso il marito) che chi ha fatto il conto ha sbagliato, e ci ha fatto pagare, se non ricordo male, circa 30 euro in meno. La sottoscritta, tanto ingenua quanto onesta, si è fatta in 4 per restituire il tutto, telefonando svariate volte visto che i dati del conto corrente erano sbagliati. Non mi è arrivato neppure un grazie …. Ecco quello che si ottiene ad essere onesti. Che vi devo dire, prima o poi imparero’!
Per ora ho imparato che d’ora in avanti nel rifugio si pernotta e basta. Al limite solo l’acqua, controllando e ricontrollando quanto ce la fanno pagare.

Chiusa la parentesi amara.

Andrea cerca di calmarmi, pensiamo alla gita di domani e cerca di dormire. Ha ragione. Accendo il lettore MP3 e mi appisolo.
Ogni tanto apro un occhio e vedo una luce pazzesca fuori e qualche flebile stella; c’è luna piena, o quasi, e con il riverbero del ghiacciaio ci si vede benissimo.
Sveglia alle 5:15 per Andrea, un quarto d’ora dopo per me.
Solito malessere di quota, decido di non mangiare e mi preparo. Nonostante il quarto d’ora prima riesco ad essere pronta prima di lui, ma per fortuna mi fa aspettare solo pochi minuti.
Scendiamo sul ghiacciaio, ci leghiamo e via.
Mi sono messa addosso tutto quello che avevo, pile e sottopantaloni compresi. C’è vento e sono solo le 6 del mattino,
Ben presto mi rendo conto che con il pile ho esagerato, per cui lo levo, ma la giaccavento, quella no. Tiene il vento che è una meraviglia!
Un paio di cordate sono partite prima di noi. Saliamo tranquilli, c’è un pistone enorme e, anche se mi guardo costantemente intorno per vedere le condizioni del ghiaccio, sono abbastanza tranquilla.
Quando la salita inizia a farsi piu’ ripida arrivano le altre cordate, un paio ci superano.
Arrivo ora alla crepaccia terminale che abbiamo visto ieri. Sosta per tirare fuori la picca e via. Cribbio se sono ripidi i primi metri! Poi si fa un po’ piu’ umana, ma d’altra parte i 500 m di dislivello da qualche parte devono saltare fuori!
Altro crepaccio, questa volta da saltare, ma i ramponi tengono che è una meraviglia e il salto è davvero minimo.
Appena il pendio si è fatto ripido, penso.
Penso che le gambe mi sorreggono per tutto il giorno.
Penso che i ramponi hanno 12 punte ognuno: terranno ben su ghiaccio, no?
Allora mi sento tranquilla.
Cresta finale, torna il vento.
Eccoci in cima.
Panorama mozzafiato! Sono le 8:40 non c’è una nuvola in cielo e iniziamo ad identificare tutte le montagne che conosciamo.
Foto di rito contraccambiate con gli altri e poi inizia la discesa.
Decidiamo di non salire allo Zufallspitze (un po’ delusa la sottoscritta, ma so che Andrea ha ragione) ed iniziamo la discesa.
La neve sta mollando, ma arriviamo comodamente al rifugio.
Ci prendiamo una bella pausa, riposiamo, mangiucchiamo, rifacciamo gli zaini e poi si scende.
C’è un sacco di gente che sale, alcuni con il fiatone, altri che si lamentano che il sentiero non è in buone condizioni a causa di una nevicata recente …. Certo che sei vuoi andare in un rifugio over 3.000 forse ti dovresti aspettare che non sia poi fondamentalmente escursionistico …. Anche se, se devo essere sincera, non ci ho visto nulla di brutto nel sentiero, solo un po’ ripido a tratti.
Al Pizzini sosta pranzo.
Convinco Andrea a scendere dal sentiero invece che dalla strada (ora che so che esiste col piffero che mi ribecca di nuovo quella strada piena di jeep che vanno avanti e indietro!) pero’ è sempre lunga la discesa.
Sosta per un mega gelato a Bormio e poi la lunga strada verso casa.
Sia il socio che la sottoscritta hanno avuto una sensazione bellissima su quel ghiacciaio …. ci mancavano passeggiate di questi tenori …. butto li una Giordani …. ma non credo che Andrea mi prenda sul serio ….

giovedì 2 agosto 2007

Sentiero delle Creste - Resegone - 1 Agosto 2007

Che delusione …. Quando qualcosa l’aspetti da tempo, in parte la idealizzi. Vale per i film, per i libri, per un viaggio …. Per le montagna non mi era ancora successo.
Sarà che vedevo tutte queste guglie e pensavo che il sentiero delle CRESTE passasse appunto per cresta.
La seconda parte si, ed è quella che ho fatta per prima. E per ben 2 volte prima di riuscire a partire dalla famosissima “Passata”.
Ieri sera la decisone. Mi dicono che la via è lunga e allora va bene, mi voglio mettere alla prova, per male che vada scendo dalla cima senza completare il giro.
Mi sveglio con un martello in testa, e non dalla “solita” parte. Uffi. Aspetto la sveglia. Sento il clic che preannuncia l’accensione delle radio e mi alzo. Man mano che mi muovo il martello si placa fino a tacere …. Per fortuna!
Arrivo presto a Morterone, parto con il fresco. Talmente fresco che le mani iniziano a soffrire e faccio fatica a fare i soliti piccoli movimenti.
Primo strappo, poi il bivio: un’ora e 45 per la Passata. Appero’ ….. Inizio il traverso che, con vari saliscendi (toccando quota 1.100)
Mi sembra di essere in ritardo, mangio una barretta mentre cammino e faccio i conti: arrivero’ alla Passata che avro’ camminato già quasi 3 ore!
Piu’ tutta la cresta ….
Non ho voluto rileggere nessuna relazione, è troppo tempo che sto su questa salita, ormai la conosco, ma, non avendo memoria, non ho idea di quanto mi ci vorrà a fare la cresta. Confido sui cartelli.
Sono sola (e quando mai?) solo 3 persone a cui ho chiesto se ero sulla strada giusta. Il solito commento:
Ma non ha paura?
Paura di che?
Del lupo!
Risata di circostanza: qui non ci sono lupi.
Ne è sicura?
Ovviamente no.
Sorrido e riprendo il cammino.
Arrivo alla Passata piu’ o meno in orario con le tabelle di marcia.
Ci sono un po’ di nuvole ma non mi preoccupo: le previsioni hanno detto che non pioverà! Almeno cosi è fresco.
3 ore. Il cartello dice 3 ore per il sentiero delle creste. Ma 3 ore fino alla cima o 3 ore per tutte le creste? Mah, io metto in conto un paio d’ore per la cima e poi vedo cosa fare.
La prima catena. Ottimo, penso, e metto via i bastoni. Mai scelta fu meno azzeccata :( Non ci sono piu’ roccette ma un sentiero ripidissimo che mi costa una fatica immane. Alla fine ritiro fuori i bastoni e cosi cammino meglio.
Sale. Ma non in cresta. Vedo che taglia di lato: sentiero dei traversi dovrebbero chiamarlo.
In breve sono al punto in cui avevamo preso il sentiero lo scorso autunno. Ora da qui lo conosco e so che non ci saranno piu’ problemi.
Sono un po’ delusa, il morale a terra (per altri motivi, non per le Creste ovviamente) non mi ha fatto godere appieno di questa salita. Ora cerco di mettere da parte i problemi e di godermi lo spettacolo che ho davanti e intorno a me. Si, perché se il sentiero non è quello che mi aspettavo è comunque molto spettacolare.
Vedo le stelle alpine, penso a Rusca e Cusna …. penso a Chicco …..
Arrivo in cima. Poca gente ma qualcuno c’è.
C’è una ragazza che è aggrappata al basamento di cemento della croce. Penso: sta giocando. E invece no. IL papa’ la sprona a scendere. Credo di non aver mai visto una persona soffrire cosi di vertigine! Ma anche suo padre proprio lassu’ doveva portarla? Fa tenerezza vedere come non riesce a scendere le scale e non credo stesse fingendo.
Medito.
Scendere dalle creste o dal sentiero? Non ho voglia di tornare a Milano presto, sono un pochino stanca ma ora ho tutto il tempo di riposare.
Mangio, faccio un paio di foto e poi, ovviamente, decido per continuare le creste.
Intanto faccio i conti. Non sono andata poi cosi male. Mi sentivo lenta invece credo di essere stata dentro nei tempi. Altra conferma che l’allenamento c’è, almeno quello di un annetto fa.
Riprendo. Ora il sole è piu’ vivo, le nuvole sono scomparse. Inizio a temere che i 2 l di acqua non bastano e la centellino.
Mi ricordo che l’altra volta questa tratta mi sembrava tanto lunga, invece ora, in un attimo, sono al bivio.
Mi siedo un po’ li, a riposare, a mangiucchiare qualcosa. Poi arriva gente. Si fermano tutti li, per cui me ne vado io.
A conti fatti, ci ho impiegato 9 ore totali, tenendo conto che in cima mi sono fermata poco piu’ di un’ora ….. beh, diciamo che sono soddisfatta!

lunedì 30 luglio 2007

Pizzo di Trona, secondo tentativo - 29 Luglio 2007

Si, secondo, il primo lo scorso autunno.
L’alpinista (cosi ama definirsi lui) non ha trovato il sentiero che porta alla cresta.
Io ero troppo occupata a stargli dietro e alle mie flebili proteste che stava andando oltre, mi sono sentita rimbrottare che lui era sulla strada giusta ….. come obiettare?
Poco prima delle 8 e mezza ho gli scarponi ai piedi. C’è gente, ma non tantissima. Parto da Pescegallo, mi piace tantissimo il sentiero che parte da qui. Prima il salto nel bosco, poi quel traverso panoramicissimo, quindi ancora un pezzetto di bosco e poi il primo lago, quello di Trona. Attraversi la diga e poi lo strappo per giungere al lago dell’inferno. E’ lunga la strada, e forse mi sono attardata un po’ troppo, ma alla diga del lago dell’Inferno ci arrivo dopo 3 ore, soste comprese.
Lo so che non salirò il pizzo, anche se mi sono portata set da ferrata e imbraco. La foto che ho visto della placca parla chiaro: e’ in piedi!
Il mio obiettivo, oggi, è quello di trovare il sentiero.
Non è esattamente dove me l’aspettavo, ma grazie ai cartelli e alla relazione trovo il “traccione” di salita. Si, traccione perché è davvero impossibile non vederlo.
A dire la verità, salendo questo faticosissimo traccione, mi chiedo se sono sulla via giusta. Ma arrivati quasi in cresta ecco che ricompare il sentiero con i segnavia! EVVAI!!!! Sentiero trovato :)
Seguo il filo di cresta fino alle catene. Vedo la placca e da qui mi sembra piu’ appoggiata che sulla foto. Metto l’imbraco, il set da ferrata …. ops ….. non mi ricordo piu’ come si lega ….. accidenti! Lo so che tanto non salgo, ma questo inghippo mi da un’ulteriore conferma che non saliro’. Se scivolo il set mi tiene, ma se cado dalla placca non credo che “dissipi” poi tanto.
Il primo tratto di catena passa la cresta in un tratto piuttosto esposto. Successivamente si passa verso io lago di Trona e trovo degli spit, qualcuno qui ha tolto il cavo. Non serve, se non per sicurezza, il lago è proprio laggiu’ che ti guarda.
Un altro pezzo di catena per superare un tratto di roccia e sono alla base della placca. Cribbio …. è proprio in piedi!
Sto per partire, poi ci penso. Questa è una di quelle gite che, come dice il mio socio Andrea, non vanno fatte da soli.
Dall’alto non scende nessuno.
Dal basso non sale nessuno.
Sono proprio sola.
Riguardo la placca, un'altra foto e poi giro i tacchi e scendo.
Mi fermo a mangiare dopo l’ultima catena. La croce è li che mi guarda, sono circa 300 m di dislivello e mi sa che mi devo cercare un compagno per venire ancora quassù. Andrea mi spernacchiera’, troppo esposto per i suoi STD.
Scendo. Il traccione è meno faticoso di quel che credevo. Se stai sulla ghiaietta riesci a scivolare ed in poco tempo sono alla diga.
Mi incammino verso la Bocchetta di Trona, mi manca ancora questa parte e poi non voglio tornare a Milano troppo presto: fra caldo e traffico meglio star qui a prendere il fresco.
Alla bocchetta scopro che c’è una ex caserma militare e i muretti delle trincee. Vado a vederle, il tutto è tenuto piuttosto bene.
Salgo quel cimotto, dai. Li dietro ci dovrebbe essere il FALC.
E dopo il primo c’è il secondo, poi il terzo … i cimotti si susseguono uno dietro l’altro e non finiscono mai! Ma quando ci si deve fermare? Io mi sono data un orario: le 15, poi inizio la discesa.
Invece di tornare da dove sono venuta vedo una traccia. Ottimo, cosi non faccio la stesa strada.
Peccato che la traccia finisca, poi finisce anche la pietraia e mi ritrovo a scendere litigando con i rododendri. Sono proprio pazza …. Non era meglio tornare da dove sono venuta?
Ma eccomi di nuovo sul sentiero.
Sono stanca, non è che abbia fatto tante soste e lo sviluppo è notevole, nonostante il dislivello contenuto.
Un paio di volte penso di aver sbagliato sentiero, perché, per evitare la stessa strada del mattino, scelgo itinerari alternativi oppure penso ai fatti miei e non credo di non aver visto i bivi.
La discesa verso Pescegallo ha, purtroppo per me, un triste ricordo lasciato dall’uscita di questo autunno. Mi tornano in mente tutti i momenti ….no, non posso permettere che una cosa del genere mi rovini la bellezza di questa valle. Voglio esorcizzare i ricordi cattivi, deve essere solo la mia bella valle.
Vorrei dimenticare, ma allo stesso tempo vorrei non dimenticare mai per non incappare nello stesso errore: come fare?
Mentre medito su quesiti di difficile soluzione arrivo alla macchina. Mezz’ora prima del previsto.
Sono contenta della giornata. Il mio “chiodo fisso” è sempre piu’ vicino, ora devo solo trovare qualcuno che lo salga con me.

domenica 8 luglio 2007

Grand Torunalin – 3.379 m 7/7/7 .... :)

Il meteo per sabato 7/7/7 è splendido ma Andrea insiste per una 2 gg.
Non sono convinta, domenica non si sa bene che farà, anzi, per dove dovevamo andare noi sembra venire brutto sin dalla mattina.
Insisto: la giornata è troppo belle per “sprecarla” con un avvicinamento. Alla fine lo convinco, si organizza il Grand Torunalin, con la Roisetta come ripiego, si sa mai.
Partenza presto, 5:30 da Piazzale Lotto.
La mattina mi sento un attacco di emicrania arrivare: uffi! Questa cima la sto rincorrendo dal 2002!!! Prima la neve sul Petit, poi la nevicata di qualche giorno prima, quindi la promessa del “local” che mi voleva portare sulla cima vera e tutti gli anni che spunta fuori dal cappello dei desideri.
Arriviamo a Cheneil e, con soli 18 minuti di ritardo sulla tabella di marcia, siamo in cammino.
L’aria è frizzantina, ho timore che ci sia troppa neve e non vedo l’ora di salire all’abitato per vedere le condizioni della montagna. Il Cervino è ancora pieno di neve, so che nei giorni scorsi ha nevicato in quota …. Sperem!
Ed ecco che la vallata di Cheneil si apre bellissima! Non c’è neve!!! Solo un paio di piccole spruzzate. Cerchiamo l’inizio del sentiero, e qui perdiamo un po’ di tempo. Io pensavo di salire a destra, dove il cartello indica per la Roisetta, Andrea invece preferisce la strada per il Colle di Nana e da li, al bivio, prenderlo alla larga. Va bene, va tutto bene in questa giornata spettacolare.
Frizzante l’aria, io fatico ma non tantissimo. Medito sul dislivello e sulle soste e decido per una sosta breve ogni 400 m circa. La prima ci vede ancora nel vallone, ma gia’ ci siamo avvicinati di molto alla montagna. Prima barretta. Sosta piccola e poi si riprende.
Ora il sentiero inizia a salire la conca detritica ed e’ abbastanza ripido. A quota 2.900 altra sosta, altra barretta. Vediamo 3 signori che scendono …. Di gia’???? Meglio, chiederemo a loro le condizioni. Ma non facciamo in tempo a salutarli che ci apostrofano: “Non fermatevi qui che scarica …..” …. Buongiorno!!!
Chiediamo le condizioni: c’è la catena, giusto dove c’è ancora una lingua di neve.
Passa il primo, passa il secondo, il terzo ha la picca sullo zaino …. “Spero non l’abbia usata!” chiedo convinta di sentirmi dire di no. “E si, ho gradinato il pezzo di neve, se no non si passa, visto che la corda è sotto la neve ghiacciata” …. E agghiacciata ci rimango io! Ho i ramponi nello zaino, ma non sono mica sicura di passare.
Riprendiamo. Ora il tracciato si fa piu’ faticoso e si devono cercare gli ometti. Attraversiamo il primo pezzetto di neve e poi un nevaietto. Uhhhhh sperem!
Intanto, udite udite, mi sono messa la maglia con le maniche lunghe!!!
Arriviamo al colle arrampicandoci su per i massi cercando ogni volta l’ometto successivo.
Guardo il Petit e mi viene in mente l’estate le 2002. Guardo il Grand e non capisco da dove si sale. E’ imponente, bello ed imponente.
Ci confrontiamo un po’ e alla fine desumiamo che un po’ piu’ in basso, dove mi sembrava che il sentiero piegasse a sinistra, abbiamo pero’ preso quello sulla destra che porta al colle. Riscendiamo quindi di qualche metro e troviamo la traccia. Intanto scendono 2 signori, vediamo da dove passano e iniziamo a salire. Ci fermiamo a chiacchierare con loro, simpaticissimi, e ci raccontano ben bene della corda e del canale ancora innevato. Ovviamente la corda è sotto la neve nel punto piu’ esposto, ma sono solo 2 passi. Guardo Andrea: “Io non so mica se passo li …” Ho dietro uno spezzone di corda, ma se sulla roccia posso pensare di attrezzare io il passaggio, sulla neve no, e Andrea non si ricorda neppure il barcaiolo. So che mi aiutera’, almeno psicologicamente, lui è l’uomo della neve, io la donna della roccia. Oh … non fraintendeteci! Rimaniamo sempre su EE, massimo F+, ma in questi ambiti compensiamo le paure reciproche.
Chiacchieriamo anche relativamente alla pulizia dei “cateteri”, e la signora mi da una bella dritta per come pulire le cannette: ah questi incontri montanari!!!
Arrivano le corde. All’inizio mi sembra tranquillo, fino a che non vedo la neve.
Ecco, avendomi detto i signori che era esposto, senza corda etc etc etc mi prende un filo di paura. Passa avanti Andrea che mi tranquillizza, mi aspetta li, dove la corda sparisce e …. passo!
Andrea, guardano indietro le corde: passeremo di qui in discesa???? Bella li …. Forse dovevamo farci la domanda prima di passare, ora non ha senso rifletterci, saliamo e ci pensiamo al ritorno; e poi ho sempre la corda nello zaino …. quello di Andrea ovviamente :)
Riprendiamo. Un po’ sentiero e un po’ roccette. Non manca molto ma ad un certo punto Andrea si blocca: arriva il crampo. Si agita: sali, tu adesso da sola ce la fai. Figurati se ti mollo qui! Calmati, bevi un po’ e rilassiamoci qualche minuto, poi vediamo il da farsi; cerco di tranquillizzarlo, non mi va proprio di salire senza di lui. Per fortuna dopo pochi minuti il dolore passa e Andrea ci riprova.
Quando vedo la croce non voglio crederci …. CI SONO! CI SIAMO!!!
Cima sud, ovviamente, ma va benissimo cosi. Tiro fuori la macchina fotografica che, furbescamente (e finalmente mi sono messa in testa di farlo) avevo messo nello zaino appena dopo le corde.
Arriva Andrea: e’ stato un grande!
Incontriamo 2 ragazzi con le corde: “Avete fatto la cima?” “No, non sapevamo della doppia e abbiamo una corda da 25 m. Peccato, pero’ mi dicono che posso arrivare all’intaglio per guardare giu’. Andrea declina il mio invito ed io, per sentiero, vado a vedere da vicino la vera cima del Grand Tournalin. Effettivamente è esposto, severo e …. bello :) Effettivamente la vera cima porta via un po’ di panorama del Rosa, ma con tutte le volte che lo vediamo a noi non disturba poi tanto.
Faccio un po’ di foto, fotografo Andrea la in fondo mentre lui fotografa me qui in fondo.
Poi torno e finalmente pranzo! Siamo soli e commentiamo che ci avrebbe fatto piacere avere in giro qualcuno.
Foto a gogo’ in una giornata talmente bella che si vede nettamente e benissimo il Monviso, oltre a tutto il resto ovviamente. La Testa Grigia ora la riconosco, mi sa che sara’ una delle mie prossime mete con bivacco annesso.
Mentre scendiamo vediamo qualcuno che sale: cavolo! Sono già le 14:30! Beh, loro saranno veloci.
Scendiamo piano, cercandoci la strada ed arriviamo fin troppo presto alle corde.
Passa Andrea, gli chiedo di aspettarmi li e faccio una cosa che mai mi sarei sognata di fare: mi fermo, piedi sulla neve, a guardare il canale. Beh, sinceramente non mi sembra niente di che, non lo trovo esposto, ripido si ma non esposto. A me è proprio la neve che mi altera la sicurezza :(
Passiamo le corde incontrando un altro signore. Non ripassiamo al colle e continuiamo la discesa fino a dopo il nevaietto. Piccola sosta, fuori i bastoncini e la macchina fotografica. Ora mi concedo i miei fiorellini, che sono tantissimi e bellissimi :)
Al primo ruscello una pausa di mezz’ora, non vediamo l’ora di toglierci un po’ gli scarponi. Poi ancora giu’.
Ovviamente, al bivio con la Roisetta, ci chiediamo come sara’ scendere da li; uno sguardo alla cartina, un passo in la per vedere il sentiero, ci guardiamo: via che si scende da li!
Siamo proprio attaccati al torrente, bello pieno d’acqua e che, visto la ripidita’, crea delle cascatelle davvero incantevoli. Il sentiero e’ ripido, ma ci porta abbastanza in fretta a valle. Ora sono quasi le 19, la luce è meravigliosa, i rododendri in fiore creano queste macchie di colore che, insieme ai larici, rendono magico questo posto.
Arriviamo alla macchina che manca un minuto (giuro! A farlo apposta non ci saremmo riusciti) allo scoccare delle 11 ore di gita.
Non siamo particolarmente stanchi, nonostante in 1350 m fatti. Il Grand Tournalin per noi doveva essere fatto in una giornata cosi: bello stabile e fresco.
Non ci sono piu’ rimpianti per la 2 gg mancata, oggi siamo tranquillissimi e possiamo tornare a casa anche tardi. E non ce lo facciamo ripetere …. Io metto piede in casa dopo la mezzanotte, con il cuore leggero ed il morale alle stelle.

La botta arriva il giorno dopo, domenica, quando scopro che un forumista molto noto per i suoi interventi è morto in un incidente in moto.
La cosa mi sconvolge assai, doveva andare con gli altri sull’Arbola …. Non lo conoscevo, non è stato uno shock come con Chicco, ma la cosa mi ha colpito molto. Chissa’ perche’, ma se capita a qualcuno che conosci, anche se solo per via virtuale, fa sempre piu’ male …

martedì 3 luglio 2007

Castore! m 4.221 30 Giugno / 1 Luglio 2007

“Allora: Cevedale o Rosa?” mi apostrofa Marco venerdi sera in messenger.
"Ehm …. nessuna delle due mi sa …. “ è la mia risposta.
Ma partiamo dall’inizio.
Andrea mi manda una mail giovedi: mi piacerebbe proprio fare il Cevedale questo we.
Ok, guardo il meteo ma per la Lombardia domenica non e’ un gran che. Sono perplessa, ma metto come termine ultimo venerdi sera per decidere.
Giovedì sera trovo Marco in msn: vieni a fare il Lyskamm questo we?
Cavolo! Il Liskamm!!! Non ci ragiono molto perche’ Andrea vuole il Cevedale, ma se dovesse saltare …. Spiego la situazione a Marco, ci si riaggiorna a domani sera.
Venerdi: Andrea desiste, anche lui ha visto il meteo e nessuno dei due ha voglia di andare ancora lassu’ e di non fare la cima.
Intanto io ho meditato: il Lyskamm e’ un PD, pendio di 40 gradi e quota a 4.400.
Maturo la decisione che per me e’ meglio lasciar perdere.
‘Allora: Cevedale o Liskamm?’ mi apostrofa Marco venerdi sera.
“Ehm … Nessuno dei due mi sa …” Gli spiego le mie ragione, ma Marco insiste.
Alla fine concordiamo che se decido di andare gli mando un sms sabato mattina, tanto l’appuntamento sara’ alle 13:30 a Pont st. Martin. Ma a Pont non si riesce a parcheggiare, mi ricordo quando sono andata a fare la prima parte dell’Alta Via che ho faticato parecchio a trovare un parcheggio non a pagamento e nemmeno a disco orario. Allora si concorda Ivrea. A che ora? Alle 13:30 ovviamente …. Appero’: altro che turbo devi avere come macchina! Arrossisce e anticipa di 10 minuti.
Ci si saluta, entrambi dobbiamo preparare lo zaino.
Io ho una vocina dentro di me che mi dice: non andare …. NON andare!
Ma gia’ la mente sta facendo la lista delle cose che devo mettere nello zaino per il ghiaccio e la notte in rifugio.
E intanto che preparo lo zaino la vocina continua: non andareeeeeeeeeeeeeeeee!
La notte porta consiglio, mi dico, ma lascio la sveglia alle 7 del mattino. Se decidessi per la Roisetta alle 7 dovrei quasi essere all’imbocco della Valtorunanche.
La mattina mi serve per sistemare un po’ le cose, la settimana e’ stata piuttosto piena. Mando il mesagio a Marco che pero’ non risponde. Dopo un’oretta altro sms: non vorrei mai essere li da sola ad Ivrea! Ma no, i messaggi sono arrivati e ora la decisione e’ definitiva.
Arriviamo ad Ivrea a distanza di 2 minuti. Carichiamo la mia roba nella nuova macchina di Marco (che ha l’aria condizionata!!!) e via verso Staffal.
Passiamo dal casello di Pont …. Marco prosegue. Oddio, penso io, non e’ qui che si esce allora.
“Oddio!” grida Marco! Dovevo uscire di li. Vabbeh, si esce a Verres e poi, per statale, si torna a Pont.
Salendo la valle, vengo a scoprire che la funivia fa orario ridotto, per cui, persa quella delle 14:30 ci tocca quella delle 16:30 … un bel po’ tardino!!! Controllando meglio gli orari, vediamo che nel we le corse sono continue per cui non ci saranno problemi all’arrivo.
Abbiamo pero’ un’amara sorpresa sul costo della funivia: se scendi nella stessa giornata, A/R costa 18.00 € se invece scendi il giorno successivo ne costa 22.00!!! No comment! (Lo scopriamo pero’ solo il giorno successivo …… AriNoComment!)
Siamo in 7 e, come al solito, sono l’unica donna. Sono comunque tranquilla, anche se non conosco nessuno oltre a Marco; il mio amico e’ una splendida persona e so che non mi fara’ sentire di troppo e fara’ di tutto per mettermi a mio agio.
A Bettaforca iniziano i mal di testa, in 2 prendono le aspirine e gli altri, io compresa, la prenotano per la sera.
Marco scopre di aver perso il biglietto della funivia!!! Con quello che costa! Proviamo a cercarlo, alla fine gli consiglio di dirlo al macchinista, magari domani non lo fa pagare, e invece lo trova: aveva rimosso completamente l’azione di metterlo nella tasca dello zaino! Non so perche’, ma mi ricorda tanto qualcuno …. Come dire: ma comune, mezzo gaudio!
Si sale.
Il tempo non e’ granche’, io faccio una fatica bestia mentre in 2 prendono il volo (in effetti saliranno in 2 ore).
C’e’ neve, e tanta. Non me l’aspettavo e penso con un po’ di timore alla cresta: senza neve non mi crea nessun problema, con neve sinceramente non lo so. Marco mi tranquillizza (lui, che non c’e’ mai salito …. :) )e mi conforta dicendomi che tanto ci sono i canaponi; realizzo allora che li avranno messi proprio per situazioni come queste. Archivio la preoccupazione e continuo a salire.
Ora Marco ed io siamo soli, gli altri sono scappati via. Marco mi sta accanto e non mi molla, e di questo lo devo ringraziare. Si, ci sarei arrivata lo stesso al rifugio, ma un conto e’ salire tutta sola, un conto e’ stare con qualcuno, anche solo come supporto morale.
Arriviamo in circa 3 ore e mezza, il secondo gruppo ci ha messo circa mezz’ora in meno di noi. Per fortuna il nostro turno a cena e’ per le 20.
Medito, mentre cerco di riprendermi.
Domani non salgo. Con questa lentezza rischio che altri toppino la cima, e non mi va proprio.
Siamo tutti stravaccati sui letti (nel camerone, ovviamente) a riposare, sistemare gli zaini e parlottare del piu’ e del meno.
Devo andare a dire al gestore che non faccio pensione completa e che voglio la pasta per cena.
“La pasta? Guarda che mi sa che c’e’ solo il minestrone!” Ma dai ….. figurati!
E invece aveva ragione. Il gestore, gentilissimo, mi spiega che quando c’e’ il doppio turno non ce la fanno a fare la pasta. Li capisco, ma io posso mangiare solo quella. Pazienza, vorra’ dire che cerchero’ di mangiare qualcosa che mi sono portata dietro.
A tavola si disquisisce dei mali dell’altitudine. Tra noi 7 ce n’e’ una buona parte che non ha mai dormito in quota. Ognuno racconta le sue esperienze ed inizia il tormentone: come stai?
Decido cosa fare domani e lo comunico a Marco: se sto bene, vengo fino al Felik e poi io scendo, tanto da sola non c’e’ problema. Marco si dice d’accordo e spera che anche Giampiero, che non sta affatto bene, possa venire pure lui almeno al Felik. Parlo del Colle Felik perche’ e’ gia’ a 4.000 m, quindi la soddisfazione di salire almeno la quota c’e’.
Cenare alle 20 non ti lascia troppo tempo per cazzeggiare poi, le 22 arrivano in un battibaleno e quindi tutti a nanna.
La sveglia l’abbiamo messa alle 4:30, come da cartello giu’ in sala pranzo, ma i primi si muovono che non sono ancora le 4.
Alle 4:15 Marco si alza, e cosi inizio pure io.
Non sto malissimo, ma non faccio colazione. Ho un leggero cerchio alla testa e lo stomaco non richiede cibo.
Sono pero’ indecisa: non voglio essere di peso alle altre cordate!
Purtroppo iniziano le defezioni: in 2 scendono appena fa chiaro, uno di loro non sta affatto bene.
Ivano mi chiede che faccio: dai, stai in cordata con noi (lui e Marco).
Vado da Marco e ribadisco il concetto: al Felik distacco.
Ok, e allora inizia la preparazione.
E’ passato il momento che vivo ogni volta che affronto queste esperienza: ma chi me l’ha fatto fare????
Ora sono contenta. Esco con l’imbraco e stanno passando la corda. Metto i ramponi, mi lego, preparo la piccozza ….. e’ ora di partire e fa appena chiaro! E’ bellissimo! L’alba sul ghiacciaio e’ sempre davvero splendida e suggestiva. Le cime davanti a noi sono pulite, le nuvole sono tutto sotto di noi.
C’e’ pero’ un bel vento, perfino io ho il pile e la giacca a vento.
Inizio a fare fatica ma appena superata una certa quota inizia a venirmi fame. Pero’ non mi fermo. Lo so che sono lenta e non voglio far ritardare ulteriormente.
Ma intanto le altre cordate si sono fermate per cui ne riprendiamo alcune che ci avevano superato.
Ora mi sento alla frutta, la fatica e’ davvero tanta, ed ora …. INIZIA LA VERA SALITA!!!
Non ricordavo che questo pezzo per il colle fosse cosi ripido!
Inizio a pensare che mi faranno storie per lasciarmi al Felik, ma questi erano gli accordi.
Oltretutto la fiumana di gente sta salendo al Castore, quindi difficilmente saro’ sola in discesa.
Finalmente arrivo al colle! Non prendo neppure fiato, guardo con invidia il Lyscamm e poi mi giro verso i mie compagni: io mi fermo qui.
Mi chiedono conferma: sei proprio sicura che non ce la fai? Si, lo sono.
Marco: “Mi spiace, non avevo idea di come fosse l’ambiente e qui da sola non ti lascio.” Protesto, ma non c’e’ niente da fare. Mi chiedono se me la sento di salire il Castore: si, quello si, e’ tranquillo ormai. E allora, io con il morale sotto i talloni per la loro cima mancata, ci avviamo verso la “cima di ripiego”. A conferma del mio sfinimento, faccio una fatica boia a salire sul Castore. Inizio a contare i soliti 50 passi e poi un paio di secondi per riprendere il fiato. La cima e’ li che mi guarda, ma non so com’e’ non arriva mai!
C’e’ la solita folla lassu’, ma troviamo un posticino pure noi. Si beve un po’ ma di mangiare ancora non se ne parla, il mio stomaco rifiuta perfino la torta di mele.
Sta arrivando altra gente, lasciamo loro spazio e iniziamo a scendere. La giornata e’ ancora bella, le nuvole sono sotto di noi ma continua a fare freddo; meno male che in cima non c’era vento!
Dopo il traverso piu’ ripido ci sleghiamo e raggiungiamo il rifugio.
I 2 che sono riusciti a salire sul Lyskamm sono gia’ li. Sistemiamo gli zaini, mangiamo qualcosina e poi inizia la discesa, l’interminabile discesa! Da qui e’ sempre lunghissima!
Ultima nota dolente, arriviamo al Bettaforca e scopriamo che sono in pausa pranzo; ci tocca stare li ad aspettare per un’ora e mezza al freddo! Si, perche’ ora siamo sotto le nuvole e la temperatura non e’ proprio gradevole.
Immancabile sosta al bar appena scesa ed i saluti.
Anche se le mie performance sono state molto al di sotto delle aspettative, sono contenta di questo we.
Non sono stata male al rifugio
Ho salito cmq un 4.000 (anche se lo conosco assai bene!)
Sono stata benissimo con i partecipanti al we in quota, che ringrazio sentitamente.